venerdì 24 settembre 2010

Domani inizia la stagione teatrale a La Baracca

 Il teatro è il nostro lavoro ma è anche un modo per arginare la subcultura dilagante diffusa dalla TV e così amata dal Potere. L'egemonia sottoculturale di Striscia la notizia.

Per noi fare questo teatro, così lontano da budget e celebrazioni, significa dare un senso al nostro essere qua, al nostro fare e pensare nel mondo.

Siamo fuori da tutti i giochi, non serviamo nessun padrone. Non c'è gioia in questa affermazione, ma solo una necessità a cui non possiamo più rinunciare. Ed è per questo che in questi anni siamo stati così abbandonati, lasciati alla deriva, nella speranza di una nostra ‘morte’.

Il teatro La Baracca esiste dal 1994; dal 1996 ha cominciato a organizzare una stagione teatrale, tra mille difficoltà economiche, perché la prima necessità era finire la ristrutturazione e messa a norma del locale.

In tutti questi anni pochissimi amministratori sono venuti a farci visita, a capire cosa facevamo, se era bello se era brutto, il senso di questo teatro.

Cambiano le amministrazioni, continuano i comportamenti di sempre.

Danno la morte attraverso il silenzio. Una vecchia tattica, l'ignorare. Tuttavia nella società dell'immagine, della spettacolarizzazione, dell'iperrealtà iconica, negare il diritto di accesso a un mezzo di informazione per esempio a un teatro è decretarne la morte.

Che la  cultura sia diffusa nel territorio, questo le amministrazioni vogliono solo se serve a loro.

Abbiamo chiamato gli operai della Radicifil di Pistoia a recitare. E a questo spettacolo, che presentiamo domani sera, è stato dato finalmente il giusto risalto. Ma dal Teatro La Baracca, citato (ma solo citato) in un articolo da La Repubblica di Firenze per la seconda volta dopo sedici anni dalla nostra nascita, si tengono ben distanti. Non dicono nulla del teatro (che conoscono perfettamente),  delle sue 'caratteristiche' indipendenti , del perché abbiamo fatto questa scelta, tanto per dirne una. Nessun giornalista, di quelli che ci hanno chiamato,  ha chiesto nulla. Alcuni di loro, anche di radio, mi hanno chiamato in tutta fretta, volevano parlare con gli operai, ma 'velocemente', perché dovevano uscire col 'pezzo'.

Contrariamente ad altri, politici e giornalisti, non abbiamo inteso strumentalizzare gli operai. 

Non voglio fare vittimismo, solo una analisi di quello che accade. E che viene 'offerto'.


m.e.

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