sabato 8 ottobre 2016

Come e perché sono stati distrutti i piccoli teatri in Toscana


Buongiorno, cari lettori del mio blog.

Sapete il Teatro La Baracca, dove la prossima settimana si inizia la nuova stagione, non riceve finanziamenti né dal Comune né dalla Regione.

Da tre quattro anni nemmeno più le briciole di Sipario Aperto, il circuito dei piccoli teatri della Toscana, che il governo regionale ha deciso di eliminare in favore di una politica aziendalistica della cultura.

Infatti i teatri finanziati devono essere medio-grandi, e strutturati come una azienda; devono quindi devono portare utili e seguire certi parametri, oltre a essere preferibilmente di regime, e quindi gestiti da persone 'di fiducia'.

Non c'è più niente per le piccole realtà. (Noi anche se volessimo, non possiamo fatturare più di tanto, i posti sono quelli!). Avevo chiesto anche l'interessamento di qualche politico, come il consigliere regionale Ilaria Bugetti, affinché si tornasse a pensare anche al piccolo, al 'basso', che si invertisse un po' la tendenza di questi ultimi anni. Ma in Regione l'ufficio spettacolo gestito dal 2010 da Ilaria Fabbri (ex direttore generale ad interim di ETI dismesso) e con il sostegno di altri come Gerardina Cardillo (ex-presidente del Metastasio, ex assessore della provincia di Prato) non sembrano proprio avere idea di cambiare aria.

E i politici, presi dalle loro 'grand opening',  tutto hanno in mente fuorché pensare a una inversione di tendenza in campo teatrale e culturale (serve ben altro alla carriera politica che occuparsi di questo!) e la struttura del sistema gli va bene così, perché dà a molti la possibilità di mostrarsi sui giornali e sui social, dove è ormai in gran parte che svolgono la loro attività culturale. Se dovessero proprio aiutare qualcuno, lo farebbero solo in campo sicuro, per ricevere poi un qualche contraccambio.

La conseguenza è stata una moria generale di piccole realtà teatrali in Toscana; in alcuni casi i teatri comunali, che grazie a Sipario Aperto qualche compagnia locale gestiva, sono stati affidati alla Fondazione Toscana Spettacolo,  una partecipata regionale,  che ha fatto cappotto in particolare nella Toscana centro meridionale dove non ci sono i 'teatri che contano', con il conseguente  risultato che la programmazione ed il livello si è uniformato. Sì, perché gli spettacoli scelti sono quelli che fanno cassetta o diciamo così, di certe compagnie (spesso le stesse e 'sicure'). Chi controlla la qualità e modi di ingaggio? Nessuno.
Insomma, i comuni, che non possono ovviamente gestire tutto e non essendoci più chi si prende carico, con un po' di soldi, del teatro, hanno preferito dar in gestione tutto all'ente regionale. Non sapevano però cosa avrebbero causato. Anche un piccolo crollo economico, oltre che culturale.

A livello comunale, qualche assessore meno allineato e in vena di sfogo, si è lamentato della pessima programmazione che propinano ( conseguenza? in teatro ci vanno in pochi, se non a seguire le compagnie amatoriali), e ha aggiunto che non può farci niente. Non ha i mezzi per cambiare la rotta. Devono prendere quello che manda il 'convento' Fondazione Regionale Spettacolo.

Perché hanno distrutto il circuito dei piccoli teatri? Perché avevano bisogno di una cultura di immagine, apparentemente 'forte' e si sono inventati, come in altre Regioni, le 'residenze'. Che in realtà sono aziende teatrali. Avevano bisogno di una cultura mediatica, che la piccola realtà non dà. E poi anche di controllare tutto dall'alto o dal centro, che è la stessa cosa. 

A chi interessa tutto questo? Boh. Però vi informo, perché credo che dovrebbe interessarvi. Anche perché questo stesso sistema, mutatis mutandis, è applicato generalmente a tutto il sistema cultura regionale. Tutto sotto controllo e sempre più cultura in grande, 'grossa', che fa immagine e assicura sponsor e carriere politiche. Oppure, a chiazze, anche piccolo, qualche concessione ogni tanto si fa, ma 'garantita'.
Praticamente è un sistema che finanzia se stesso e si perpetua con i vostri soldi, i soldi di tutti. La pluralità è bandita; non si vuole disperdere in mille rivoli soldi che sono sempre meno. Vanno fatti fruttare e a proprio vantaggio!

Così il Teatro La Baracca si autogestisce e non può darvi biglietti gratuiti, ovviamente. Anche perché il biglietto costa solo 12 euro e vedete attori in carne e ossa.

Cosa significa questa assenza di finanziamenti? Significa correre molto e per esempio non poter invitare compagnie da fuori, come facevo fino a quattro cinque anni fa e offrire una programmazione più variegata. Non posso per esempio dare lavoro a qualcuno in maniera continuata, come invece facevo prima.

Perché si continua? Perché la Baracca è la nostra casa, sostiene il nostro lavoro, la nostra ricerca, lo studio e la professionalità, e anche perché è una voce controcorrente, di opposizione vera, libera, e per questo alcuni politici (?) locali vorrebbero proprio che si chiudesse. Sarebbero contenti. Uno in meno a dar fastidio e a pungolare. Magari potranno aiutare ad aprire spazi a qualcun altro, ma non a far vivere noi. Perché il nostro teatro è politico e ne siamo fieri.
Il Teatro la Baracca è uno dei pochi teatri non finanziati e 'pensanti' rimasti in Regione,  e addirittura si trova in periferia. (Quelli che dicono che la vogliono sostenere, questa periferia, e ci fanno i sermoni, in realtà non vengono mai da noi, se ne guardano bene!)  Non è poi un teatro 'alla moda', non lo è mai stato e non ha mai voluto esserlo. Non attira il pubblico con i titolacci in pessimo inglese e non offre 'drink'. Anche se spesso abbiamo fatto mangiare e bere il nostro pubblico. Per tutto questo ci sembra giusto continuare.

Come potete sostenerci? Il modo migliore è venire a vedere gli spettacoli; ma, se volete, anche con piccole donazioni che ci aiutano a pagare le bollette, per esempio.

ASSOCIAZIONE LA BARACCA

IBAN     IT 86 A 01030 21507 000001238870


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