sabato 29 ottobre 2016

Battaglia pro kylix, ma non solo


Cara Maila,

Battaglia pro kylix, ma non solo. Infatti, pare di dover chiosare come l’articolo di oggi su “La Nazione” dimostri molto bene il fatto che adesso sulla questione della creazione di un Parco archeologico a Gonfienti siano calati pesanti nuvoloni, tutta la valorizzazione futura del sito  pare di nuovo messa “a rischio”; il preambolo di tutto questo è dato dalla distrazione dei reperti da Prato e dal loro trasferimento  alla Rocca Strozzi di Campi Bisenzio. Con l’annunciata interpellanza si può ritenere in positivo che  finalmente, dopo 10 anni, si possa riaprire sulla questione dei destini dell’Area archeologica di Gonfienti un serio dibattito nei luoghi istituzionali. Il caso sollevato con le distinte richieste di chiarimento da parte di Forza Italia e del M5S, non dovrà però riguardare solo l’interessamento di una parte della politica perché quanto sta accadendo a Gonfienti tocca o, per meglio dire, rischia di ledere i diritti di tutta la comunità insediata, oltre quelli “scientifici e tecnici” che riguardano gli stessi beni culturali, vuoi paesaggistici vuoi archeologici. Questi beni appartengon, infatti, alla collettività e - come dovremmo ben sapere -  sono tutelati dalla Costituzione Italiana (ex art. 9 - La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione).
il caso Gonfienti, reso manifestamente pubblico grazie all’azione coraggiosa del “Gruppo di vigilanza in difesa degli scavi” attraverso la partecipazione alla “Camminata per Gonfienti . Marcia Giusta 2” del 16 ottobre scorso, da parte di liberi cittadini è stata certamente di pungolo per la stampa, anche se qualcuno sperava il contrario, sbagliandosi di grosso. L’appello esercitato dal gruppo in modo pacifico e civilissimo ha portato in realtà all’attenzione dei concittadini, che ancora non sapevano, i diritti negati di cittadinanza ed appartenenza dei reperti archeologici, sottratti senza alcun reale motivo dal loro naturale luogo di ritrovamento e di possibile fruizione.
Si badi bene, a rendere ancor più maldestra questa sottrazione, si rileva come questa sia avvenuta all’indomani della chiusura di una mostra celebrativa del patrimonio archeologico esistente:  “L’Ombra degli Etruschi “ in Palazzo Pretorio. Per altro , la comunicazione dell’arbitrario trasferimento è stata resa nota in modo assai frettoloso, senza alcun confronto con la città di Prato, tenuta estranea dalla vicenda come hanno ammesso gli stessi amministratori. Questa notizia ha anticipato di poche settimane il delicato momento decisionale dell’acquisto da parte della Regione Toscana degli spazi e dei sedimi dell’area archeologica, da tempo posta a vincolo di tutela, ma attualmente ancora di proprietà della Società Interporto della Toscana. Si tratta di una decisione quella della Regione a lungo attesa, non solo evocata al tempo delle ultime elezioni, bnesì facendo seguito ai desiderata e alle volontà già espresse dagli amministratori cittadini in occasione del Convegno al Pecci del 2006 ed anche ripresa in successivi atti, pur tuttavia sempre collegata dell’auspicato passaggio a favore del Comune della titolarità dei suddetti beni che sola avrebbe potuto consentire alla città di creare in proprio le premesse per la costituzione di un parco archeologico “civico” da farsi in situ In principio questa idea era corredata dalla proposta di creare un Antiquarium negli annessi di Villa Niccolini,  su questa scelta cadde però come una mannaia la resistenza, l’opposizione e quindi il rifiuto da parte della stessa responsabile degli scavi che avrebbe preferito spostare tale destinazione presso il Mulino, detenuto come laboratorio in comodato gratuito grazie alla munifica  disponibilità della stessa Società Interporto. Superata questa ipotesi, la creazione del parco e la costituzione al Mulino, in titolo di proprietà alla comunità pratese,  consentirebbe di creare un Museo Archeologico in situ, magari utilizzando anche il Museo del Pretorio per allocare i pezzi di maggiore valore artistico, quali la più volte menzionata kylix, e alla stessa Soprintendenza di esercitare al meglio il proprio ruolo, senza più dover chiedere al controllato (Società Interporto)  di finanziare le ricerche di scavo, sviluppando serenamente i propri compiti istituzionali di ricerca attiva e di tutela avendo come interlocutore un partner pubblico (Comune di Prato). A tale riguardo non si capisce proprio perché mai la Regione dovrebbe cedere al demanio statale ciò che viene ad acquistare che è già in salvaguardia  (ex lege 42/2004), con il solo risultato di ingabbiare o inibire ogni iniziativa di valorizzazione della comunità locale. La Soprintendenza potrebbe altresì riprendere senza affanno gli scavi sui terreni comunali.
Alla luce di queste osservazioni  il  caso che ora si pone sta assumendo una rilevanza non solo locale o regionale, oserei direi nazionale se solo questa storia rimbalzasse nella aule di Montecitorio.

GAC





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