Non so se è una ingiustizia o un onore il fatto di non aver mai recitato nel teatro della mia città, il Metastasio, che ha presentato ieri la programmazione 2018-2019.
I miei vecchi maestri, mi avrebbero detto, sicuri: E' un onore. Vanno presi a calci nel culo, quelli! -
Nel conformismo dilagante di molti giovani, rimpiango quei ribelli, la loro forza, il loro coraggio.
Massimiliano Civica, collaboratore nella direzione artistica del MET, il cui lavoro ho visto una volta ma che non credo conosca il mio, come anche Franco D'Ippolito che è il capo direttore artistico, mostrano tutta la forza del loro impaludato conformismo, e la loro astuzia, nel presentare una stagione apparentemente anticonformista e che vuole 'incontrare', ma priva di veri spunti per il territorio.
Nel timore del fallimento di un teatro che ormai ha smesso di comunicare con il proprio pubblico, un teatro avulso, scrivono di volersi avvicinare ai giovani presentando il teatro 'anticonvenzionale', sostenendo "gli artisti più coraggiosi e validi che ci sono oggi in Italia". (Sic!...Tra l'altro due degli artisti presenti hanno recitato, allora davvero giovani e fuori sistema, alla Baracca diversi anni fa, quando nessuno li conosceva e il teatro riceveva ancora uno sputo di finanziamento pubblico e poteva dare spazio alle possibili novità).
I direttori, con le loro parole, mostrano tutta la loro furbizia di naviganti nelle stanze del sistema pubblico teatrale, e in realtà, a parte invitare i tre giovani artisti che personalmente conoscono e frequentano e qualche esempio di circo-teatro, non si azzardano a muovere il loro corpo fuori da quelle potenti stanze!
Non sanno cosa accade, e non solo teatralmente, in città.
Né mettono in pratica una riflessione seria del perché il teatro non incontra fra i giovani, cosa di cui il Civica si rammarica nella sua introduzione, che si può leggere nel sito del MET stesso.
In realtà per cominciare ad amare il teatro bisogna aver passato, a parte qualche eccezione, i vent'anni, ed è anche un problema legato alla maturazione della persona, del singolo...Ma dato che il teatro deve fare i numeri (così vuole la politica, numeri!), è chiaro che i giovani devono essere rapidamente clienti consumatori e devono essere della partita. Devono riempire il loggione, insomma.
Allora si cercano gli effetti speciali e fenomeni circensi, ci si adegua, cercando di inseguire la modernità (omamma!) e di rinnovare il teatro esteriormente; si corre ai ripari come una sarta che all'ultimo momento debba rifare un vecchio vestito da sposa per un drag-queen!
Non c'è, nelle parole di Civica che spiegano le sue scelte, una profondità di veduta che rende giustizia del fallimento, nonostante i numeri snocciolati da D'Ippolito, del MET (che in questo fallimento è in folta compagnia, in Italia).
Alla fine ci rimane solo la loro presunzione, l'offesa che ci arriva, in qualche modo arriva a noi che tutti i giorni dobbiamo faticare nel nostro lavoro teatrale, senza soldi pubblici e senza l'appoggio di nessuno; essi ci offendono insomma nel loro modo di gestire la cosa pubblica sentenziando su cosa vale e cosa no!
Non ho mai visto il signor Civica, per non parlare del D'Ippolito, alla Baracca. (E so che nemmeno altrove...). Fanno mostra di non conoscerci, non ci vogliono legittimare come artisti, nonostante i nostri anni e la nostra esperienza! Almeno Magelli, ex direttore, ha potuto giudicare uno spettacolo!
Non c'è da aspettare che le cose cambino, o di vedere altri direttori (confidiamo sempre nel prossimo), che renda anche un po' di giustizia, se non al nostro valore (chi lo può dire?), almeno al nostro coraggio (quello sì!) e che ci possa un minimo di quei soldi che ogni anno diamo allo Stato per farli sentenziare come tromboni, ed escluderci!
Ma diventerò vecchia, sono sicura, e non vivrò mai il disonore di recitare nel teatro pubblico della mia città.
Noi non siamo servitori di alcun padrone.