Periodicamente mi trovo a dovermi confrontare, anzi, toccare con mano la censura.
Oggi non esistono comitati censori ufficiali come quelli che esistevano durante il Fascismo, censura politico-repressiva, o anche quella dopo l'avvento della Repubblica, censura politico-preventiva, come quella che affliggeva il cinema.
Nella Roma Antica esisteva la damnatio memoriae, la morte civile, ed era una censura assoluta, la cancellazione dell'esistenza di qualcuno, ma anche più di qualcuno, anche di un popolo (come in parte avvenne per quello etrusco, per esempio, o altri popoli italici).
Oggi di tutto questo non c'è più bisogno, siamo democratici e civili!, ma anche perché esiste ed è in atto l'autocensura, come avviene per esempio nei giornali, che scelgono di non pubblicare un certo articolo per motivi di opportunità.
Quest'ultima censura l'ho sperimentata per esempio con Turista il barbaro, ed è stata una damnatio di matrice economica, ché portare in scena una storia che tratta di un argomento considerato motore dell'economia italiana, il turismo, è giudicato sconveniente.
L'opera viene rifiutata, e non è necessario averla vista, ché contiene già, nel titolo due elementi, soprattutto l'aggettivo, che è ritenuto da non associare al sostantivo. Il turista non può essere barbaro, e noi stessi, che siamo tutti turisti oggi ("essere moderni significa anche essere turisti", dice Azzurra al padre nella commedia), preferiamo non consideraci tali, anche se inevitabilmente lo diventiamo.
Nel passato ho subito altre forme di censura, anche dal vivo: con Matilda, e chi recitava con me lo ricorderà, in un teatro di Poggibonsi fui contestata dal pubblico, era un professore che mi costrinse a rientrare in scena per farmi alcune domande 'difficili'... Gli organizzatori mi minacciarono di non pagarmi lo spettacolo, e fra i giovani attori serpeggiò lo sgomento. Eppure il pubblico aveva riso, si erano divertiti!
Matilda ha subito una censura costante, e al Teatro Comunale di Pescia fui costretta anche, per recitare, a far leggere il testo e a firmare una sorta di responsabilità morale. Era il 1999, non il 1899!
Ultimamente l'opera Le maschie è stata boicottata da certa parte politica femminile, anche se per fortuna il problema è stato superato il dramma ha incontrato il favore del pubblico e l'ho portato perfino in tournée.
Ieri, sulla bacheca di Facebook del Teatro La Baracca, che uso appunto come bacheca informativa, metto la comunicazione per il debutto della mia nuova opera dedicata al '68, A che ora è la rivoluzione? ed ecco che scatta quasi subito il blocco. Ufficialmente mi dicono che ho usato 'troppo' la funzione, ma non è affatto così. Sospetto che sia la parola 'rivoluzione' a dar fastidio. Non c'è altro motivo, non ci sono offese o foto sconvenienti.
Stamani continua il blocco, e credo che continuerà ancora per un po'.
Ma il tempo della rivoluzione è davvero finito, e quello che conta è ormai solo il profitto.
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