mercoledì 30 maggio 2018

La pizza di Di Maio che Oettinger sogna


La foto che Luigi Di Maio posta sulla sua pagina Facebook, che bel guaglione napoletano davanti alla pizza!, è straordinaria.
Straordinaria perché è un capolavoro di comunicazione popolare.

E' la sintesi del luogo comune sull'Italia, lo stesso luogo comune che ha probabilmente spinto il commissario europeo Oettinger, tedesco, a dire: «Lo sviluppo negativo dei mercati porterà gli italiani a non votare più a lungo per i populisti». Gli italiani, sempre impreparati agli esami del Nord Europa puritano luterano calvinista e...monetarista.
La  dichiarazione, che la dice lunga  di come in Europa  esista  solo il mercato, ha offerto un aiuto in un momento difficile dei cosiddetti populisti.
Di Maio (astuto come Salvini, ma meno trasandato del capo leghista) allora ha tirato fuori la pizza. Il suo sorriso, il cibo italiano; insomma, ha rivendicato la tradizione.
Quanta strada ha fatto Pulcinella! La scuola teatrale di Grillo ha funzionato. 
E quando io parlo di teatro, dico sul serio, parlo con rispetto.
Egli, il popolo!, è semplice e buono come la pizza napoletana, semplice ma presentabile: Pulcinella, signori e signore, non è più un pezzente. 
Hai capito, Oettinger?
Ma la fotografia, che mostra il capo politico seduto solo davanti a tavoli lasciati opportunatamente vuoti, contiene un incredibile altro messaggio:  la prospettiva. 
Prospettiva politica, ma anche estetica. Un altro capolavoro italiano!
L'altro messaggio nascosto è questo: o voi tedeschi, mentre disegnavate le madonne tutte frontali e senza proporzioni, noi italiani inventavamo la prospettiva. Il Rinascimento! Ecco, noi, pur con i tavoli di una pizzeria popolare, non rinunciamo alle proporzioni, all'estetica!
Hai capito, Oettinger?

Bello davvero Di Maio, e anche molto bravo. 

In realtà, insieme all'opera d'arte e alla cultura, anche la politica si è sposata indissolubilmente (per sempre?) alla pubblicità.

Come nel messaggio pubblicitario, anche quello della politica deve essere sorprendente e tuttavia familiare, penetrante e incisivo, semplice e banale al tempo stesso.
La comunicazione, diventata messaggio, trasforma in armi le poche parole, ancelle delle immagini.
In questa comunicazione, la parola che si presenti senza immagine, è nulla, è priva di significato.
Le poche parole acquistano potere d'urto, e costringono all'adesione o alla repulsione, ci situano subito nel campo del pro o del contro, e vogliono diventare formule magiche di seduzione o di occulta manipolazione. A prescindere dai programmi, che sono pieni di parole e privi di immagini.
Si tratta sempre di soggiogare e conquistare; là il cliente, qui l'elettore, il che ormai è la stessa cosa.

1 commento:

Gianfelice D' Accolti gianfelicedaccolti@gmail.com ha detto...

Capolavoro di analisi dei mezzi di comunicazione, questo articolo: dovrebbe essere portato ad esempio nelle scuole di art design and web communication, o come diavolo si chiamano ora le scuole per chi fa pubblicita' e giornalismo. Conta aver studiato, altroche'; mentre i Prossimamente Defunti si riempiono la bocca di "eccellenza qua, eccellenza la'...", ciechi e sordi non si accorgono delle reali splendide risorse a disposizione gia' a soli venti minuti di bici da Palazzo Pretorio, mentre toccano-fondo con mano pei disastri compiuti sul territorio toscano e italiano, annaspano ora cercando con lo sguardo a cosa aggrapparsi per prendere l’ultima boccata d’aria. Come l’albatro che affonda nell’ultima scena del Moby Dick insieme al Pequod speronato dalla Balena Bianca. Quell’albatro rischiamo di essere noi. I miei piu' ammirati complimenti alla tua sapienza critica, bravissima Maila. E’ un onore lavorare con te e per te.

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