Ricevo e pubblico l'articolo di G.A.Centauro, Il museo di Gonfienti a Prato.
Evidenzio la sua proposta di collocare un calco della domus di Gonfienti all'interno del Castello di Prato, il che sarebbe davvero emozionante e significativo!
Preambolo
Cosa può rappresenta un ‘nuovo’
museo archeologico, oggi? E’ una
domanda che legittimamente possiamo porci in considerazione del fatto che
nell’ambito interprovinciale museale dedicato all’archeologia, curato della
Soprintendenza, esistono già musei centrali e musei periferici ai quali
demandare l’offerta culturale.
Sepolte in un passato ormai lontano, per quanto illuminato, le ragioni del collezionismo e della filantropia di colti personaggi che hanno alimentato la nascita dei musei delle ‘anticherie etrusco-romane’, sono retaggi storici che poco hanno a che vedere con la cultura del nostro tempo rivolta altrove, alimentata anche da un’evidente perdita collettiva della memoria e quindi delle ragioni stesse del radicamento sul territorio dei suoi attuali abitanti. In particolare, il mondo degli Etruschi per una questione di genia e di vicinanza vissuta nei territori, nei segni, nelle tradizioni, nei racconti, al di là dell’istituzione di musei o di parchi archeologici dedicati, non aveva bisogno di musei, viveva in un naturale rapporto dialettico con le comunità insediate della Toscana, a sud e a nord dell’Arno. Tutto questo non esiste più da decenni - come ben sappiamo - eppure non possiamo fare a meno di riscontrare una rinascita ogniqualvolta si riscoprono tracce, mai del tutto sopite, degli antichi saperi. Il ritrovamento vent’anni or sono dell’insediamento etrusco arcaico di Gonfienti, accese di nuovo quella fiammella che certamente nel distretto industriale pratese pareva da tempo spenta; una fiammella che si è mantenuta tale, attraversando alterne vicende e conflittualità non di poco conto alimentate da opposte visioni ed interessi. Una quindicina di anni fa fu però sentenziata l’eccezionalità della scoperta, fu detto: “Dalle emergenze alle eccellenze”. Questa risoluzione l’avrebbe potenzialmente messa al riparo da qualsiasi incauta sottrazione, nell’illusoria considerazione di avere raggiunto un punto di equilibrio per la valorizzazione futura. Come sappiamo non è stato proprio così, pur nella consapevolezza oggi che forse, grazie alla resistenza di pochi, siamo tornati sulla questione per ritracciare non solo una convivenza possibile ma anche un nuovo modello di crescita culturale per la collettività.
Sepolte in un passato ormai lontano, per quanto illuminato, le ragioni del collezionismo e della filantropia di colti personaggi che hanno alimentato la nascita dei musei delle ‘anticherie etrusco-romane’, sono retaggi storici che poco hanno a che vedere con la cultura del nostro tempo rivolta altrove, alimentata anche da un’evidente perdita collettiva della memoria e quindi delle ragioni stesse del radicamento sul territorio dei suoi attuali abitanti. In particolare, il mondo degli Etruschi per una questione di genia e di vicinanza vissuta nei territori, nei segni, nelle tradizioni, nei racconti, al di là dell’istituzione di musei o di parchi archeologici dedicati, non aveva bisogno di musei, viveva in un naturale rapporto dialettico con le comunità insediate della Toscana, a sud e a nord dell’Arno. Tutto questo non esiste più da decenni - come ben sappiamo - eppure non possiamo fare a meno di riscontrare una rinascita ogniqualvolta si riscoprono tracce, mai del tutto sopite, degli antichi saperi. Il ritrovamento vent’anni or sono dell’insediamento etrusco arcaico di Gonfienti, accese di nuovo quella fiammella che certamente nel distretto industriale pratese pareva da tempo spenta; una fiammella che si è mantenuta tale, attraversando alterne vicende e conflittualità non di poco conto alimentate da opposte visioni ed interessi. Una quindicina di anni fa fu però sentenziata l’eccezionalità della scoperta, fu detto: “Dalle emergenze alle eccellenze”. Questa risoluzione l’avrebbe potenzialmente messa al riparo da qualsiasi incauta sottrazione, nell’illusoria considerazione di avere raggiunto un punto di equilibrio per la valorizzazione futura. Come sappiamo non è stato proprio così, pur nella consapevolezza oggi che forse, grazie alla resistenza di pochi, siamo tornati sulla questione per ritracciare non solo una convivenza possibile ma anche un nuovo modello di crescita culturale per la collettività.
Il museo archeologico di Gonfienti a Prato
Non è una questione di campanile
quella che alimenta la legittima richiesta di tantissimi cittadini, in più di
1200 hanno firmato la petizione lanciata da Maila Ermini, per dar vita a Prato al
museo archeologico di Gonfienti e non già alla Rocca Strozzi di Campi Bisenzio che,
in ogni caso, potrà entrare a far parte del circuito espositivo archeologico
dedicato al reticolo idrografico della Val di Marina e del basso corso del
Bisenzio, con gli importanti reperti archeologici dell’età del Bronzo rinvenuti
nell’area della Mezzana- Perfetti Ricasoli, ecc. Questa bipolarità del sistema museale
darebbe di certo rilevanza ambientale e culturale ad entrambi siti allargandone
l’estensione cronologica e spaziale. La questione che ora è all’ordine del
giorno è dunque quella di radicare sul territorio di Prato, oltre all’area
archeologica che già sta dentro i confini comunali, anche tutto ciò che dagli
scavi è emerso finora o che in futuro potrà venire alla luce dai nuovi saggi.
Le ragioni di questa opzione sono molteplici: stanno nella corretta giustapposizione
da un punto di vista tra reperti strutturali (case, acquidocci, strade, ecc.) e
i materiali di scavo facenti parte del costituendo parco archeologico di
Gonfienti. Ma le ragioni stanno
anche nella storia del territorio di Prato, nella presenza di antichissimi siti
di altura che punteggiano i monti della Calvana sopra la città, come pure nelle
ricordanze di ritrovamenti storici, quali il famoso bronzo dell’Offerente di
Pizzidimonte, oggi al British Museum, che fin dall’800 avevano alimentato
l’idea di costituire un museo etrusco curiale, tutto pratese. La storia tardoantica
e quella medioevale della città con la creazione del grande mercatale posto sul
fiume, testimoniata dalle stesse nobili tradizioni mercantili che, dall’emporio
fluviale etrusco in poi, hanno caratterizzato lo sviluppo della comunità,
dimostrano le ataviche ascendenze locali. La recentissima occasione offerta al
pubblico dalle ‘Giornate Europee del Patrimonio’ ha reso possibile, grazie alla disponibilità del Mibac, non
solo di visitare l’area archeologica attuale, da poco messa in sicurezza
idraulica e i nuovissimi laboratori di restauro, ma anche ammirare l’eccezionalità dei
ritrovamenti, valorizzati dalla ricomposizione pressoché totale del tetto del
cortile della grande domus di 1400 mq., che si va ad aggiunge agli straordinari
reperti d’arte e di cultura materiale riemersi in quella stessa dimora o nel
pantano alluvionale circostante. Tutto questo rende evidente che il museo archeologico
di Gonfienti dovrà necessariamente nascere in prossimità come parte pulsante
del parco archeologico per capire la città di ieri e meglio figurare la
conformazione di quella odierna. D’altronde l’archeologia a Prato non è solo
legata alle ascendenze etrusco arcaiche, ma vive nelle grandiose opere
medioevali, primo fra tutti il Castello federiciano che pare offrire per
dislocazione, orientamento e dimensioni una sorta di continuità storica all’inusitata
grandezza della domus del Lotto 14, tanto da immaginare che il tutto si possa
fondere in un unicum monumentale con la contemporanea presenza delle due realtà
archeologiche, ricostruendo quella antica con i calchi dei suoi innumerevoli reperti, al
fine di realizzare un compendio ambientale unico e senza uguali nel panorama
internazionale a vantaggio della collettività.
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