lunedì 27 dicembre 2010

Ingresso libero

Toni Comello, a cena a casa mia una sera qualche anno fa, mi disse varie cose. Era venuto  a vedere Dramma intorno ai concubini di Prato in Baracca, e dopo lo spettacolo lo invitai a mangiare da me.
Per la verità, dopo lo spettacolo avevo tutto fuorché voglia di preparare da mangiare, ma gli dovevo una cena, e poi anche per l'amicizia che lo legava a Gianfelice. Quella cena è rimasta memorabile, perché non so come riuscii a metter su, da un frigorifero quasi vuoto, una cenetta deliziosa.
Toni sedeva alla mia sinistra e ogni tanto mi spifferava frasi o impressioni quasi sottovoce.
Mi disse: 'il teatro gratis è immorale'.
Quella frase mi è ronzata parecchio nell'orecchio e mi ha fatto riflettere, e mi fa riflettere sempre di più.
Effettivamente a la Baracca, se non in rare eccezioni, mai abbiamo fatto entrare il pubblico liberamente a uno spettacolo. Il motivo principale è stato quello economico, con i pochi finanziamenti con cui ci siamo sempre confrontati, non ce lo siamo mai potuti permettere.
A parte i teatri (che comunque sono tutti ben finanziati), a Prato e in Toscana in generale, è molto in uso offrire gli spettacoli gratuitamente, soprattutto nel periodo natalizio, o di Carnevale, o comunque sempre quando un ufficio cultura decide di fare spettacolo.
I motivi sono vari; naturalmente che se lo possono permettere, ma anche, qualcuno ha detto, per non avere problemi nel fare il borderò, c'è questa 'paura', per la verità insensata, dato che lo spettacolo gratis costa di più come Siae.
Ma c'è un motivo profondo, ed è quello di dare in pasto cultura, il panem et circenses di romana memoria.

Questo ha fatto sì, per esempio a Prato, che i pratesi non vogliano pagare a teatro. E che vedano di tutto basta che sia gratis.
Il 'gratis' costante abbassa quasi automaticamente il livello, perché lo spettatore 'digerisce' tutto.
E si crea un sistema di dipendenza degli artisti che, per lavorare, per forza devono andare a bussare  alla porta degli uffici cultura, oltre che dei teatri, e non possano autonomamente essere artisti. Insomma si crea in questo modo un servaggio generalizzato.
Come  può un teatro indipendente o gruppi di artisti competere con un ufficio cultura che dà spettacoli sempre a ingresso libero?


Insomma, per noi che facciamo teatro senza santi in paradiso, si tratta di concorrenza sleale.
Ciò significa che non si può, che nessuno può fare certe attività impunemente, o meglio, che non le può proprio fare.

Con la nuova amministrazione comunale a Prato non è cambiato niente; anzi.
Nonostante ci si sarebbe aspettato qualcosa di diverso, le proposte culturali natalizie, tanto per fare un esempio, con le debite rare eccezioni, sono tutte a ingresso libero.

Toni invece riteneva giusto che si pagasse, anche poco, magari un biglietto simbolico, ma che non si entrasse 'gratis'. Che vi fosse, fra le tante offerte di una città, una scelta anche critica (e non solo di convenienza economica) da parte dello spettatore. Questo significa creare una concorrenza anche nella qualità, nei temi, una ricerca costante da parte di chi crea e gestisce la cultura.

Alla maniera toscana, invece (e non solo toscana per la verità), sceglie e decide chi ha la gestione della cosa pubblica; ma in realtà non vuole scegliere e decidere nulla, se non come e a chi dare i soldi, attua una distribuzione del danaro pubblico senza  un vero e proprio programma di crescita culturale della popolazione; insomma, tanto per ricordare il vituperato Mao, danno i pesci, ma non insegnano a pescare. E questo soprattutto perché devono creare servaggio, o anche foraggiare e incrementare il proprio bacino elettorale.

L'ammasso culturale del passato continua nel presente, nonostante la Destra, perché l'obbiettivo non è la cultura ma la propaganda, anche di sé oltre che di partito, il dominio.


M.E.

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