giovedì 5 maggio 2011

Nucleare: la “Scoriosi” è una malattia letale?

Ricevo e con molto piacere pubblico un intervento sul nucleare dell'ingegnere Ettore Colizzi.
 
Dopo aver guardato Porta a Porta su RAI 1, lo scorso 14 di Marzo, l'enormità - in numero e qualità - delle fandonie che avevo appena sentito proferire da giornalisti e, ancor peggio, da membri dell'attuale compagine governativa fu tale che non potei fare a meno di annotarmele. Mi figuravo il sollievo che mi avrebbe dato più tardi la possibilità di parlarne ad un interlocutore che in quel momento non mi era dato di avere. Il tema della serata era il nucleare, in conseguenza ai drammatici eventi allora - come purtroppo ancora oggi - in corso in Giappone.

Nei giorni successivi ebbi modo effettivamente di dare parzialmente luogo ad uno sfogo con la sfera dei mie conoscenti più stretti, rimanendo peró con l'amaro in bocca, con la sensazione di non aver lenito abbastanza il mio senso di profonda frustrazione. Una frustrazione che origina dal fatto che proprio il campo dell'ingegneria nucleare è quello in cui si compirono i miei studi universitari. Esperienza che sono ben lieto di aver fatto in gioventù, approfondendo una conoscenza che - si converrà - è bene fare, direi oggi, allo stesso modo con cui sarebbe auspicabile fare circa tutti i funghi velenosi in cui possiamo imbatterci.

È quindi la mia antica conoscenza dei funghi nucleari che mi spinge a pensare non solo che possa valere la pena di cercare i mezzi per propagare le mie reazioni di quella sera, ma che il non farlo possa essere moralmente scorretto, come il sottrarsi al compimento di un dovere civico.

Torniamo allora al nostro “Porta a Porta” del 14 di Marzo.

Che dire di un ministro che si lascia andare nel dire che in Italia - che che se ne dica -  esistono ben 44 siti perfettamente adatti allo stoccaggio delle scorie radioattive e che non si vede perché si dubiti che si possano costruire queste 44 centrali? - Come emergeva da successivi sviluppi della discussione, in realtà 44 sono le zone indicate da una ditta privata per avviare indagini in proposito. Ma al di là del ‘piccolo malinteso’ sullo stato delle indagini, va detto che esiste anche ben poca relazione tra idoneità allo stoccaggio di scorie e soddisfacimento di requisiti tali da permettere la costruzione e l'esercizio di un impianto di potenza. In ogni caso, invitato a notare l’equivoco, il medesimo ministro sorvolava giudicando probabilmente l'interlocutore un facinoroso pignolo, e assestando giusto un primo schiaffo al rigore che l’argomento avrebbe richiesto.

Ma questo è niente. Lo stesso signore, perseverando nell’improvvisarsi esperto in materia, cercava piú volte di ribadire il concetto secondo il quale "ció che la gente non capisce è che non c'è nulla da temere dagli impianti nucleare, perché le scorie sono inerti". Certo! Inerti allo stesso modo in cui lo è un'incudine, fino al momento in cui ci sfracella un piede, cascando dal tavolo di lavoro. O ancora, come inerti rimasero, se vogliamo, gli ordigni usati su Nagasaki e Iroshima, e – notisi bene – inerti, per la quasi totalità del periodo successivo alla loro costruzione! Non è forse vero anche questo?

Le scorie sono terribili. Sono l’indesiderato prodotto finale di un processo che è come se forgiasse milioni di spade di Damocle (intendiamoci: inerti) che rimangono pendenti sulla testa delle generazioni future. L'unica spiegazione che riesco a dare alle inaudite parole del ministro, è che possano essere state il frutto di un malinteso. Per esempio, gli potrebbe essere sembrato di udire dal suo medico che la "scoriosi" non è una patologia letale, e questo, più la sua abitudine ad esprimersi sulla base di cose sentite dire può aver fatto il resto. 

Sempre lo stesso ministro sosteneva poi che l'utilizzazione dell'energia solare o eolica rappresenta un approccio perdente in partenza, perché caratterizzato da discontinuità nella produzione, mentre - riportando il concetto da lui espresso -: "come si sa, non esiste alcun modo per accumulare energia, a causa della sua stessa natura".
Davvero? - avrei voluto dirgli. E… la mattina, quando esce di casa e mette in moto la macchina, quale magia consente al motore di partire? Oppure, tanto per sgombrare il campo dai dubbi sulle inefficienze dell'accantonamento di energia su piccola scala, mi chiederei: le centrali idroelettriche di pompaggio (quelle che riempiono i bacini idroelettrici immagazzinando l'energia di ricaduta dell'acqua), il nostro caro ministro, le avrà mai sentite nominare?

In questo 'crescendo', c'era poi stato un gran parlare circa il fatto che le centrali nucleari nel mondo, anche se con 'lievi danni' (su cui non approfondisco), non fanno altro che costantemente dare prova della capacità di resistere a terremoti ed eventi naturali "ben peggiori di quelli di cui si era tenuto conto nel progetto". La conclusione che sentivo trarre era quindi sintetizzata nella iconica frase: "ciò succede perchè le centrali nucleari sono molto più robuste di quanto non si creda".
Nel sentire questo, mi sembrava di veder cadere un bracconiere nella trappola da lui stesso appena tesa. Infatti, la allarmante conclusione che avrei giudicato logica è invece un’altra: che se quanto detto succede tanto spesso, ciò non è altro che la reiterata comprova del fatto che - per un motivo o per l'altro - troppo di frequente i progetti sono realizzati con l'obiettivo di resistere ad eventi di gravità inferiore a quelli che poi si trovano chiamati a fronteggiare!

Passando poi alle ‘chicchere’ sentite da giornalisti (che voglio pensare agiscano in buona fede, almeno rispetto a certi politici, anche se troppo spesso ovviamente entrambe le categorie parlano sulla base del 'sentito dire') di quella sera mi sono rimaste in mente queste "perle", che mi permetto di elencare alla rinfusa, alcune delle quali venivano snocciolate durante il TG1 successivo al Porta a Porta a cui mi sono fino ad ora riferito.

Sentivo, per esempio, qualcuno orientato all'ottimismo sull'efficacia dei metodi messi in atto in Giappone per cercare di raffreddare i noccioli dei reattori danneggiati, in quanto l'acqua impiegata "cerca lei stessa di non bollire". Che dire? Benissimo! L’impiego di acqua “saggia” invece di acqua comune è una trovata che rassicura non poco circa la genialità dei tecnici coinvolti nelle operazioni.

Un interessante scoop per Porta a Porta fu l’arrivo in diretta della comunicazione da un inviato circa un’ulteriore esplosione al ‘Reattore n. 3’ di Fukushima, accompagnata dal commento che "per fortuna non sembrava aver provocato rilasci di fumi o vapori". Per fortuna? Ho seri dubbi in proposito. Quanto costatato poteva ben essere il sintomo di un evento di natura peggiore che non le esplosioni (certo più spettacolari) che rilasciano fumi o vapori immediatamente. Infatti, un reattore è fatto di diversi contenitori, uno dentro l'altro. Più al centro si va, peggiori sono le conseguenze di un cedimento. Se ci sono fumi immediati, vuol dire che ciò che ha ceduto era il contenimento più esterno, e che quindi il rilascio di radiazioni è minore. Se non ci sono fumi immediati il rilascio può essere ritardato, ma molto peggiore in termini di entità della contaminazione. D’altronde: che l’apparenza inganna, lo sapevamo già, quindi la confusione di spettacolarità con gravità è fose un peccato veniale.

Apprendevo poi ancora durante il TG1, che la popolazione nei dintorni dei reattori danneggiati era stata "esposta improvvisamente alle radiazioni di mille radiografie all'anno".  Insomma come dire che qualcuno sarebbe risultato improvvisamente ingrassato, perché quel mattino aveva ingerito 1000 pranzi all'anno…  - Purtroppo il continuo uso improprio delle unità di misura generalmente associate a dati numerici di ogni tipo, è una piaga incurabile dei media alla quale chi è abbastanza qualificato da sapere di che si parla può solo rassegnarsi. Altro è – ma non era questo il caso – la manipolazione del significato dato stesso per fini perversi, per i quali la rassegnazione può diventare una forma di vigliaccheria.

Traendo le somme: una nutrita congerie di chiacchiere, propinate al telespettatore in meno di due ore. Insulsità simili a quelle che avevo sentito nel 1986 quando, dopo l'incidente di Chernobyl, ogni giorno i giornali e i telegiornali, come servizio al pubblico dei consumatori, divulgavano "informazioni" sui livelli di contaminazione dei prodotti agricoli in vendita al mercato, citando autorevolmente i "grammi di microCurie al chilo di insalata per secondo". Una vera soddisfazione per il consumatore, messo così pienamente in grado di valutare tanto l’opportunità di mangiare insalata, quanto la ridotta sua pericolosità come primo piatto o come contorno.

Abbandonando il tono canzonatorio verso cui mi sono fatto trascinare dalle assurdità descritte: ci sono delle tristi verità che pochi sanno. Una di queste è che - per esempio, semplificando ma non distorcendo la realtà - i reattori nucleari, in realtà non si possono veramente spegnere. Si può solo ridurre il livello di attività ad un minimo (che in verità tanto minimo non è). Il che significa che se ci si vuole liberare di un vecchio impianto è necessario mettere a punto ed attuare un piano decennale di interventi che - praticamente col reattore tenuto costantemente sotto l'effetto di sedativi - ne permettano lo smantellamento graduale (molto graduale). Dopo di che, finalmente… ci si può confrontare col dilemma di non sapere poi tanto bene dove mettere il combustibile esaurito, i pezzi del reattore smontato, e quant'altro.

Detto tutto questo concludo dicendo che, per la mia personale salvaguardia, nel prossimo e nel distante futuro continuerò ad usare gli strumenti di cui ho ritenuto opportuno munirmi per misurare da me cosa mi succede intorno (di quelli che parlano per sentito dire di cui mi occupavo precedentemente, comprensibilmente non mi fido troppo).
Il ‘livello di radiazioni’ che misuro adesso è - diciamo - "normale": 18 microRad (o 180 nanoGray) all'ora. (In realtà normale non e` affatto perché una parte significativa è dovuto ai residui non ancora estinti degli esperimenti nucleari ed altre attività umane, ben spalmati sul pianeta in modo quasi uniforme - ma per il momento lasciamo perdere). - Dicevo: 18 microRad/ora, come (in media) misuro da un anno a questa parte, dove vivo. Vorrei fosse chiaro a chiunque ha letto quanto sopra che se in un qualche momento a venire (come tutto sommato non è da escludersi) il 18 dovesse diventare uno stabile 19, entro il periodo successivo dell'ordine di un anno il destino di decine di migliaia di esseri umani (e non parlo di sfortunati Giapponesi) sarebbe stato segnato, e la maggior parte di essi perirebbe prematuramente, per lo più di una qualche forma di cancro.

Ciò che trovo raccapricciante è il fatto che se questo avvenisse, comunque non si saprebbe mai chi sono, tra noi umani, quei disgraziati, e questo - come è gia stato in circostanze analoghe - diventerebbe un alibi apparentemente indiscusso per proteggere i criminali responsabili di questa potenziale strage, di cui ho tanto il sentore nessuno parlerà…


Ettore Colizzi

1 commento:

Anonimo ha detto...

Bisogna andare a votare, ditelo alle mamme e alle nonne, ditelo ai figlioli e ai cugini.
Non perdiamo un'altra occasione, bisogna ribadire il no al nucleare, votando sí all'abrogazione.
Lo dico da uomo e da cittadino, lo dico da ingegnere e da artista.
Gianfelice

Aveva ragione Fulvio Silvestrini

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