mercoledì 4 maggio 2011

Il lavoro culturale è a base mafiosa e clientelare

Nei giorni della festa del lavoro e delle polemiche, nel tempo del precariato, mi permetto di parlare di un lavoro precario da sempre, di cui quasi nessun sindacalista si occupa: il lavoro dell’artista.

Per molti questo non è un lavoro: per esempio, fare il musicista, o il pittore, o l’attore, lo scrittore, eccetera.

Qualcuno è inserito in strutture, enti come per esempio gli artisti del Maggio Fiorentino, di cui recentemente ci si è dovuti occupare a vario titolo, ma non sempre bene: il discusso non rientro al momento del terremoto giapponese, i non pagamenti ai lavoratori, eccetera.

Ma se si esclude qualche piccola eccezione, nessuno ne parla.

Si parla solo di metalmeccanici, di dipendenti.

Eppure, oltre alla precarità consustanziale del nostro lavoro, a cui gli artisti sono abituati, c’è anche il sistema che rende difficile l’attività: è il sistema, perché, dovete sapere che si lavora solo se si è in grazia di qualcuno. E se non si dà fastidio, se non si parla e si accetta il sistema qual è.

Se no, si possono recuperare briciole, non di più.

Naturalmente questo non va detto, non va denunciato, altrimenti scatta la fatwa, e non lavori più.

Faccio l’esempio del teatro, ma dovete immaginare che questo che racconto è calcabile su ogni tipo di lavoro artistico.

La Regione Toscana e le Province danno soldi a un ente che si chiama Fondazione Toscana Spettacolo. Per anni questa fondazione ha ignorato il lavoro di molti artisti di questa regione, se non a cambio di qualcosa: notorietà per avere pubblico o rinomanza; vantaggio nell’occupare spazi, o altro.

Non ha svolto il suo ‘dovere’ e si è comportata peggio qualsiasi altro ente privato con interesse privato. Anzi, ha tiranneggiato sugli artisti, rendendoli succubi. Naturalmente non ci sono prove, le prove non ci saranno mai e nessu artista lo testimonierà.

Uno scandalo di cui nessuno ha osato dire nulla. D'altronde, a chi importa tutto questo se non importa agli artisti stessi? Hanno blaterato solo un po' quando c'è stato il rischio di perdere i soldi, ma non hanno messo sotto accusa il sistema.

Da pochi giorni è stata chiamata come presidente della Fondazione Beatrice Magnolfi, senatrice pratese. Una nomina più che politica, come lo era stata quella precedente.

Le compagnie devono bussare più e più volte, finora almeno non è cambiato nulla, per farsi dire sempre lo stesso refrain eufemistico e ipocrita: è troppo tardi, è troppo presto, vogliamo vedere lo spettacolo (e quando li inviti mai vengono a vedere lo spettacolo!), ci vuole il DVD (scandaloso!), bisogna parlare con quello, con l’ altro…

Non cambia se si va altrove in Italia. Uguale trattamento in altre regioni a sistema culturale monopolistico (come per esempio la Puglia, ma anche l’Emilia Romagna, o il Piemonte) o non monopolistico, dove vigono altri modi, ma che conducono sostanzialmente allo stesso risultato.

Il lavoro manca nel settore artistico anche per questo, non solo perché mancano i soldi.
In questo i sindacati sono del tutto assenti; ma anche, ripeto, perché gli  stessi artisti  lo sono, per secoli hanno imparato la 'lezione del coniglio'; altrimenti non si mangia. E  la vanità in questo ha tanta parte: per primeggiare sugli altri (o per non vederli primeggiare),  molti avallano l'abbrutimento e la corruzione.
Certo, questo modus  è in vigore in molti enti, come, per rimanere in campo culturale, all'università, è consustanziale al sistema Italia, tuttavia nel nostro settore mille volte di più.
Mancano le pari opportunità: questo ormai è il senso del sintagma, una attuazione minimamente democratica e trasparente del sistema che, non dobbiamo avere paura nel dirlo, è a base mafiosa e clientelare,  e produce servi e miseria.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Analisi lucida e spietata, vera.
Maila, complimenti, dovresti scrivere per giornali importanti, non solo, gratis, per "Metropoli"!
Ma forse per noi è meglio così, almeno qui sei libera di dire tutto quello che vuoi, e noi di leggerti al meglio.
Grazie.
Alessio Salvi

Anonimo ha detto...

Condivido, Alessio.
Purtroppo il mondo é per lo piú popolato da conigli che tacciono e mangiano la loro razione di carote diapensata dal potere. La libertá non paga.
Non tutti possono permetterselo, "hanno famiglia".
Gianfelice

Pinocchia in tourneé

    Una foto di Pinocchia...in tournée! (E presto tornerà anche alla Baracca). E qualche commentino del pubblico, non tutti, sennò mi chiedo...