giovedì 21 aprile 2011

Quale parco


Pur volendo essere ottimista, sembra difficile vedere inserita Prato nel progetto del Parco della Piana. Anzi, che la piana fra Firenze, Prato e Pistoia possa contenere un parco, e addirittura un parco agricolo, sembra un assurdo tanto questa pianura è stata cementificata, propriamente saccheggiata.
Se si escludono le pendici collinari, Prato è del tutto strutturata e non vi si pratica l’agricoltura, né si incentiva. Le poche zone rimaste libere, si fa per dire, nelle frazioni lontane dal centro, sono ormai perdute e consegnate allo ‘sviluppo’, così si pensa di creare lavoro ahimé, come Le Pantanelle a confine con la provincia di Pistoia, al momento salvate dal termovalorizzatore, ma poi di fatto invase non solo dal depuratore del Calice, che silenziosamente si è ingrandito negli anni, ma anche dalla costruenda Tangenziale Ovest e da impianti fotovoltaici per altro costruiti nell’acqua.
Se il progetto del Parco della Piana fosse concreto forse potrebbe ancora in qualche modo salvare alcuni ultimi lembi di una campagna un tempo curata, magari incentivando seriamente la pratica dell’agricoltura, e strapparli alle prossime capannonizzazioni, come è successo a Vergaio, dove hanno finito per coprire quei campi che nessuno coltivava più.
Nella realtà il progetto del Parco della Piana è un inganno, e lo si può già intuire nella variante del Piano di Indirizzo Territoriale da poco votata all’unanimità in Regione, che intende definire al contempo sia il Parco Agricolo della Piana che la qualificazione dell’aeroporto di Firenze: come dire riqualificare due realtà che non possono andare d’accordo, e quindi, data l’urgenza dell’aeroporto,  il Parco della Piana non sarà altro che un contenitore vuoto che va a coprire o abbellire operazioni ben poco verdi o, nella migliore delle ipotesi, rendere tutto il verde previsto confezionato, supermercatizzato anch’esso.
Infatti in questi anni il progetto del Parco della Piana è stato come un gioco, e lo è tuttora, in cui fingiamo una realtà che non c’è: i cittadini sono invitati a partecipare alla costruzione immaginaria con suggerimenti e contributi, indicando cosa c’è da salvare, cosa c’è da includere, come in una second-life di finta partecipazione, perché il destino segnato della Piana è l’ampliamento dell’aeroporto e il termovalorizzatore di Case Passerini, che si aggiungeranno all’Interporto della Toscana Centrale e ai centri commerciali già presenti e futuri. E quanto al verde, esso sarà presente solo in forme standardizzate e di compensazione al cemento.
Il gioco ci illude che davvero un giorno il parco nascerà e allo stesso tempo ci mantiene buoni davanti a promesse che non saranno mantenute. Noi cittadini non possiamo nulla, tranne l’andare a votare persone e sistemi non scelti da noi, e con ciò consegnare la costruzione del nostro futuro nelle mani di chi poi non possiamo più controllare, che magari  vediamo scegliere diversamente da come noi pensavamo.
La stessa partecipazione, così retoricamente invocata, è il sintomo evidente di una classe politica incapace di rappresentarci, e anche di una falsa coscienza: perché non solo ci strappano il voto, ma anche la partecipazione cosiddetta diretta dei cittadini è ‘corrotta’, gestita dall’alto e manovrata.
Non resta che fare come i nostri antenati etruschi e scappare sulle colline. Così sembra che fecero a Gonfienti etrusca quando forse fu invasa, prima che dai capannoni dell’Interporto che il gioco vuole anch’essi nel ‘parco’, dalle acque.

Maila Ermini
(Articolo pubblicato su Metropoli il 15 aprile 2011)

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