martedì 12 aprile 2011

Secondo articolo per Metropoli: LA CITTA’ VUOTA


Prato è diventata una città vuota. Molte case lo sono, nel centro storico ormai è risaputo, e al mattino, se capita di passeggiare per il centro, i negozi lo sono altrettanto. Anche le periferie, le zone industriali, e nemmeno il traffico è più quello di una volta.

I cinesi se ne stanno andando. Il movimento è lento, silenzioso, ma è in atto. Se ne vanno perché il lavoro non c’è, e non solo perché i controlli di cui si legge sui giornali li costringono alla legalità.

Prato è impoverita e striminzita come un vecchio cappotto.
La crisi è mondiale, d’accordo. Allora, di fronte a questa crisi epocale, cosa può fare una amministrazione per non far morire completamente una città? Può davvero fare qualcosa?

Io penso questo: può avere coraggio. Innanzi tutto può cessare la propaganda di sé, smetterla con il dare una immagine ottimistica e vincente,  a-conflittuale e fintamente civica. Per iniziare, riorganizzando l’apparato comunale (in Ragioneria risultano esserci solo due impiegati, mentre numeroso è lo staff che circonda il Sindaco!) e puntando tutto sulla cultura. Una provocazione? Forse, ma se muovete gli occhi verso le ricche città d’Europa, ecco cosa vedete.
Continuo con la mia ricetta (oggi mi sento così prodiga di consigli…!): il Comune può ‘aprire’ gli enti esistenti, non farli vivere soltanto in funzione di amicizie, nomine e spartizioni partitocratiche, come accade ed è finora accaduto con il Pecci e il Metastasio, ultimamente quest’ultimo più frequentato per gli incontri che vi organizza la giunta che per il teatro.
E ancora può: aiutare la nascita, senza un atteggiamento pregiudizievole, di centri giovanili autogestiti (non è così Officina Giovani); dialogare con l’Università e con altri enti pubblici e privati, e in maniera creativa, e non dall’alto in basso; collaborare con le Circoscrizioni invece di far loro concorrenza in materia di decentramento con iniziative-clic via Internet;  facilitando l’aggregazione della gente, e non solo nei circoli e nelle parrocchie ed in funzione elettoralistica o di creazione del consenso come finora e da sempre è stato fatto! E, perché no?  coinvolgere commercianti, artigiani e industriali in un progetto culturale condiviso, e anche se non condiviso, da discutere, ma che serva ad animare la città.
In sostanza, il tentativo della giunta cenniana di annullare i conflitti,  di presentare una  città-salotto come in una cartolina contribuisce al declino della città.

La questione cinese,  poi,  sta per diventare un’occasione mancata: certo, abbiamo visto l’illegalità, la concorrenza sleale, la riduzione in schiavitù; tuttavia è bene ricordare che l’industria tessile pratese si è sviluppata grazie al cosiddetto ‘a nero’.
E insieme ai cinesi, se ne vanno i giovani, che qui appunto non hanno opportunità per loro. E i vecchi sono isolati, perché muoversi è difficile e rischioso, le piste ciclabili e i mezzi pubblici sono insufficienti, e le iniziative per gli anziani sono svanite. Costruiscono solo capannoni e centri commerciali.
Non resta che sperare in un’altra ondata di immigrazione, e una sembra in procinto di arrivare presto, che ci smuova e ci arricchisca in qualche modo, visto che noi autoctoni  siamo incapaci di far vivere la città (per non parlare della campagna!), occupati solo nella pessima gestione del potere e degli interessi, gli alterni conflitti della casta.

Maila Ermini
(pubblicato su Metropoli l'11 marzo 2011)

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