Scrivo queste righe su Narnali mentre si celebra la festa stordente, ormai diventata kitsch, del Settembre Pratese, e risalta ancor più l'abbandono più totale della periferia, la mancanza di qualsiasi progettualità.
Quando lo frequentavo io, diversi anni fa, era urbanisticamente già stata distrutta (il borgo medievale è ormai irriconoscibile), ma era sicuramente più vivace. L'immigrazione era al suo massimo, tanta gente non solo dal sud, ma anche dal Veneto e dalle parti meno ricche della Toscana.
Le fabbriche erano attivissime.
Le fabbriche erano attivissime.
Mio padre era amico del padre di Francesco Nuti, che era un barbiere proprio di Narnali (Nuti ricorda la frazione nel film il "Signor Quindicipalle"), e capitavo ogni tanto in quella casa, e poi avevo una amica di liceo che abitava a Galciana; insomma, ci bazzicavo.
La frazione è chiusa dalla ferrovia, soffocata. Non c'è niente e non si organizza niente, se non sporadicamente; se si esclude il circolo Rossi, che al momento tuttavia mi sembra molto decaduto culturalmente, come tanti altri d'altronde nella zona.
Fino a qualche anno fa la Circoscrizione vi organizzava spettacoli con una certa regolarità, e non venivano nemmeno tanto male.
E' diventata tristemente famosa per la tragedia del sottopasso di via Ciulli, dove morirono annegate tre donne cinesi il 5 ottobre 2010.
Ancora non è stato riaperto, e questo ha reso la vita nella frazione ancor più problematica, perché chiudendo quel sottopasso della ferrovia, è stato sottratto un accesso, in particolare il collegamento con Galciana e col nuovo ospedale.
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