martedì 22 ottobre 2013

Gaetano Bresci per Schopenhauer? Sublime!

Dopo il dibattito dell'altra sera terminata la recita di Gaetanina Bresci, mi sono ricordata di questo passo di Schopenhauer, con cui egli, ante rem, giudica Gaetano Bresci, e che offre a noi e a chi vuole eliminare le vie a quest'ultimo intitolate, seri spunti per riflettere:

"Vediamo talora un uomo indignarsi così profondamente di cui sia stato vittima, o fors'anche soltanto spettatore, da fare, a sangue freddo, e senza riservarsi uno scampo, il sacrificio della propria vita; per colpire con la sua vendetta l'autore del delitto. Lo vediamo spiare per lunghi anni un potente oppressore, per infine assassinarlo; e poi morire sul patibolo, come aveva previsto ed anzi quasi senza aver tentato di evitarlo, perché la vita non aveva più valore per lui se non come, per mezzo di vendetta....Considerato con diligenza nel suo spirito, questo desiderio di reagire appare ben diverso dalla brama volgare di vendetta che cerca di addolcire il dolore sofferto con lo spettacolo del dolore inflitto; la sua mira non è la vendetta, ma la punizione; in quanto vuol dare un esempio efficace per l'avvenire; senza alcuna utilità egoistica, né per il vendicatore, che ne va di mezzo, né per la società, che alla sua sicurezza provvede con le leggi. La pena è compiuta da un singolo, non dallo Stato; e non per adempimento di una legge; anzi, colpisce sempre un'azione che lo Stato non vorrebbe o non potrebbe punire, e di cui disapprova la punizione. A me sembra che un'indignazione capace di spingere l'uomo così oltre i confini dell'amor proprio, scaturisca dalla profonda coscienza di essere tutt'uno con quella volontà di vivere che si manifesta in tutti gli essere e in tutti i tempi, L'uomo allora sente che il più lontano avvenire appartiene a lui come il presente, che nulla può dunque lasciarlo indifferente. Mentre afferma una tale volontà, esige tuttavia che nello spettacolo in ci se ne manifesta l'essenza più non appaiono mostruosità così esecrabili: vuole spaventare gli scellerati futuri con l'esempio di una vendetta contro di cui non c'è difesa possibile; infatti neppure il terrore della morte può trattenere il punitore. Così la volontà di vivere, benché si affermi ancora, non si attacca più al fenomeno particolare, all'individuo; abbraccia l'idea dell'umanità esige che la manifestazione di quest'idea si conservi pura da iniquità mostruosamente abominevoli. E' questo un tratto caratteristico raro e significativo, anzi sublime; per cui la creatura umana si sacrifica, e si sforza di divenire il braccio della giustizia eterna, di cui per altro ancora disconosce la vera natura." Arthur Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, par.64, traduzione dal tedesco di  Nicola Palanga.

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