lunedì 19 maggio 2014

Quando c'erano le elezioni

Tratto dal racconto di Maila Ermini

Quando c'erano le elezioni

Una volta, chissà se qualcuno se ne ricorda, c'erano le elezioni.
Io me ne ricordo bene, nonostante la mia venerandissima età, che sfiora i centocinquantadue anni.

Proprio a causa di questa, nel senso che l'età mi potrebbe far dimenticare quel tempo lontanissimo, io voglio qui ricordare quello che succedeva quando c'erano le elezioni politiche.

Oggi noi siamo costretti a gestire la cosa pubblica, e lo facciamo mal volentieri. Non abbiamo nessun guadagno.
Invece un tempo era tutto il contrario, ci si guadagnava: soldi, onori, prebende, nomine, incarichi, amori. Tutto, insomma.

Si andava a votare quindi, e intorno a questo grande interesse succedeva di tutto: litigi a non finire, rivalità, lotte, anche assassinii.

I cittadini vivevano tutti nel sistema democratico, le monarchie erano solo di facciata, ed esisteva il cosiddetto suffragio universale, e quindi tutti i cittadini erano chiamati a votare. Ma, naturalmente, tutti vi potevano concorrere per essere eletti. Per far questo la cosa migliore era stare dentro un partito politico.

Cos'era un partito politico? Uff, così difficile da spiegarlo, ma cercherò di farlo con poche parole...Era una associazione politica, che aveva un programma da attuare per gestire la cosa pubblica. Ma in realtà poi in questi partiti si inserivano persone che avevano tutt'altro interesse che fare l'interesse pubblico, ma solo il proprio.
Per combattere questo sistema nacquero i movimenti di liberi cittadini.
I movimenti combattevano contro i partiti che consideravano corrotti, e la lotta era tenacissima.
Il problema dei movimenti era che anche questi erano composti da esseri umani e quindi non era facile tenervi lontana la stessa brama di potere, di interesse personale eccetera che si evidenziava nei partiti.

Mi ricordo, ero una ragazzina, che lotte, che violenza, che offese fra i contendenti!
Mio padre era un uomo che apparteneva a un partito, e non c'era giorno che non si discutesse di politica a tavola; anche perché non c'era anno che non si andasse a votare: si doveva votare per gestire il Comune, il Parlamento di qua, il Parlamento di là...

Si chiamavano proprio così, come oggi. 

Ogni partito e ogni movimento pensava di aver ragione, e ognuno voleva il voto.
Le liste erano infinite. Più ognuno diceva che avrebbe combattuto contro il malaffare, più il malaffare cresceva; più si diceva che la politica costava troppo, più aumentavano le liste e i candidati...

Era un vero e proprio gioco al massacro. Il vero serpente che si morde la coda.

Un massacro senza sangue, in genere, nel nostro mondo occidentale...

Da tempo ormai i grandi della finanza si erano cominciati a spazientire di tutto questo giochetto, perché com'è noto il giochetto che volevano era solo quello di vedere aumentati i loro guadagni, e stavano pensando di farla finita con questa politica, con i partiti, con gli stati, con le liste, con le fazioni, che non facevano altro che intralciare il loro lavoro, anche se molti giocavano su entrambi i fronti, ma fu a quel punto che cominciò un evento stranissimo.

Come cominciò?

Non mi ricordo. Però iniziò senz'altro col fatto che la gente era davvero stanca di tutto questi giochi, questi litigi, che non portavano a niente.
Qualche politico, per salvare la politica, provò a dire: eh, ma questi sono qualunquisti! 
Noi, votate noi, e cambieremo questo e quest'altro!
Bisogna votare, votare! Volete forse che torni la dittatura?

Ah, ho capito, non sapete chi sono i qualunquisti? O forse devo spiegare il vocabolo 'dittatura'?
Da qualche parte devo avere un vecchio dizionario che mi aiuterà a farvi capire...Dove l'ho messo?

...

(Fine 1a parte. Il resto del racconto lo leggerò prossimamente al Teatro La Baracca).

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