mercoledì 16 maggio 2012

Prato addomesticata

L'episodio di Torre Galfa a Milano, con relativa occupazione da parte del collettivo Macao, fa vedere quanto la città di Prato sia lontana da esperienze del genere, quanto sia addormentata. E non solo.
I giovani si accontentano dei miseri spazi di Officina Giovani, con una programmazione addomesticata, para-giovanilistica, non cercano altri spazi: anzi, alcuni di loro a giovanissime età, si trovano già all'interno del sistema organizzativo.
Prato è una città culturalmente addormentata, addomesticata, che si accontenta della programmazione culturale gonfiata e conformistica da urlo degli assessorati,  dei teatroni, dei circoloni (quando va bene!), delle biblioteche multimediali in mezzo al mercato, e non cerca altro, o poco altro.
Si dimentica poi delle battaglie che ha fatto, come quella per Gonfienti, ridotta a qualche intervento edulcolorato se va bene, tradotta in passeggiate esplicative del bel niente sulla Calvana.
Una città tramortita, insipida, che nessun evento, -nemmeno quelli ennesimi spettacolari, conditi con le frasi "nella splendida cornice" che ci aspettano in Piazza Duomo per l'estate la cui emozione si acquista al box-office o al Castello dell'Imperatore ridotto, nonostante i convegni massonici su Federico II, a Arena Estiva da diporto canoro amatoriale -,  riesce a risvegliare.

Forse c'è più vita in periferia, nonostante gli squallidi impossibili stanzoni dei cinesi schiavizzati con tanto di topi in prima pagina. C'è più vita lontano dal centro che questa giunta declinante ha cercato inutilmente di ravvivare con i mercatini in tutte le salse ma tutti tutti irrimediabilmente uguali.
E c'è più vita  anche lontano dai megacentri Coop aperti la seconda domenica del mese che questo potere comunale vuole replicare costruendo il grattacielo Esselunga (forse servirà un giorno anch'esso, come torre Galfa, per essere occupato?).

La passata domenica, passeggiando in  centro dopo aver visto un film bellissimo come Hunger - che i pratesi non hanno visto perché non amano vedere i film come quello tipo sulla Diaz, non vogliono essere risvegliati - la città era completamente assente, insignificante e il Castello, che era aperto e solitario, sembrava in attesa di tempi migliori, di altri.

E' vero, le altre città non stanno meglio; poche sembrano risvegliarsi come Parma, per esempio, che ci prova dopo un lungo incubo.

Tuttavia questa Prato sembra paradigmatica del presente che, attonito, insignificante, misero, provinciale e piccolo, beghino e succube, addomesticato, aspetta febbrilmente un'alba nuova. Con altra gente.

Nessun commento:

Dai Celestini a Levi

  Ieri,  in occasione dello spettacolo dei venti anni dei Celestini, in cui ho riproposto La Mostra Parlante "Ti mando ai celestini...