Ci troviamo nel futuro, il presente non c'è più, o non è più qui, non si può più vivere, è inservibile.
Del passato, a cui ancora fino a ieri ci siamo attaccati, dei vecchi, loro sono stati fatti morire. Una generazione spazzata via, in silenzio. I vecchi non hanno avuto nemmeno il tempo di lasciarci una parola, un pensiero, il loro testamento.
Di questa antica umanità, a cui io ero visceralmente attaccata, non rimane più niente, tolta ogni incertezza o velleità.
L'altro passato, quello della Storia, era già stato messo in dubbio da un pezzo, e ora solo è concesso a chi, autorizzato, può presentarlo in forma di video-romanzo, di passeggiata fantastica, amenità erudita. Di intrattenimento fra gli altri.
Rimane il futuro da vivere, non rimane altro, e ci stiamo dentro confinati, forse a breve soffocati, come dal coronavirus.
Viviamo nel futuro perché si aspetta, umanità in attesa ci illudiamo che il presente torni, sospesi e proiettati nell'incertezza; e viviamo il futuro perché facciamo cruda esperienza della distopia, vivendo le funeste predizioni che i visionari e i preveggenti, i folli disegnarono e scrissero già molti anni fa.
Furono loro i veri storici, storici all'inverso, quelli del tempo a venire, storici che testimoniarono di noi prima che diventassimo il loro vivo documento inconfutabile.
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