lunedì 27 maggio 2013

"La grande bellezza": neanche poi tanto

Ho visto il film di Paolo Sorrentino. Un film post-felliniano che si potrebbe titolare: 'L'amara vita'.
In una Roma bellissima e mai vista (dove tutti i monumenti sono 'perfetti', nonostante la crepuscolarità del film), nella città antica per eccellenza, tutti i personaggi sono vecchi e corrotti, simbolo ed emblema della morte della civiltà.
Si rappresenta - ancora una volta!- il cosiddetto generone romano (la nobiltà decaduta e il bel mondo) che passa il tempo ballando, drogandosi, facendo sesso senza provar piacere.
La bellezza è tutta nel ricordo di una presunta gioventù bella e pulita, non ancora corrotta, ma ormai definitivamente perduta: è questa la grande bellezza, la visione un po' manicheiggiante e limitata del film, senza un futuro, se non isolati in un isola (c'è anche il Giglio con la Costa Concordia), dove si è fatto l'amore da giovani per la prima volta. E questo basterebbe a definire la banalità di base ( il luogo comune molto comune a Roma dai tempi di Marziale che Roma va abbandonata), se non fosse tutto condito dal barocco e dalla magnificenza intermittente delle riprese.
La sceneggiatura non convince, è parcellizzata, e in alcuni punti non chiarisce. Scene ripetute eccessivamente (come le feste romane in terrazze mozzafiato) sembrano sostenere una mancanza di sviluppo di una idea che è rimasta quasi al livello del soggetto.
Un film che non rappresenta Roma, né esattamente l'Italia di oggi, nemmeno quella bene, che così festaiola e in questo modo non si mostra più. Ci sono le solite frasi ad effetto, ma anche tantissime banali; le uscite di scena dei personaggi un po' ridicole, come il personaggio, credo si chiami Romano, interpretato da Verdone che alla fine, deluso da Roma che non gli ha permesso di essere l'autore e l'interprete di teatro che desiderava, dice, prima dileguarsi: -Torno a Nepi. 
O quello interpretato dalla Ferilli, che non si sa di cosa muoia, e per quale malattia le servissero tutti i soldi che il padre le dava.
Insomma tutti i personaggi sono ridicoli, eccessivi inutilmente, come la parodia di Santa Teresa di Calcutta ormai santa e morta vivente - quella più riuscita insieme alla satira contro la Chiesa di Roma -;  gli attori, forse involontariamente, risultano tautologici rispetto alla morale del film: si critica l'uso della chirurgia plastica e le attrici, come la Ferilli o Iaia Forte, sono rifatte. Si critica la corruzione di partito, e poi non si presenta un cast che non faccia sospettare che si scelgano i famosi interpreti secondo certi sistemi  di ingaggio che i partiti in Italia hanno sviluppato.
Presente anche Pamela Villoresi, in una parte patetica di mamma che le si addice molto, ma in fondo ancora una volta una attrice poco convincente o coinvolgente. Meglio la Ferilli; peccato appunto che totalmente rifatta.
Bene il protagonista interpretato da Servillo, ma il regista non gli chiede recitare che due o tre sfumature ironico-sarcastiche di uomo sazio della vita, arrivato, corrotto, disgustato dal mondo, per cui lo vediamo ancora una volta con il suo famoso sorrisetto: un altro topos. Diretto male o non convincente il personaggio di Herlitzka, che interpreta il vescovo ex-esorcista ateo e appassionato di cucina.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Concordo. Brava. Ma quanti occhi hai?

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