Da Il Tirreno di Pistoia, giovedì 28 gennaio 2010
Il Comitato contro l’impianto ha fatto fare le analisi a sue spese
«Nel latte di due mamme i veleni dell’inceneritore»
Trovati diossine, furani e Pcb in concentrazioni che ne dimostrerebbero la provenienza dai forni del termovalorizzatore. Oggi parla l’Asl
MONTALE. Rinvenute tracce di diossine, furani e policlorobifenili (Pcb, una sostanza inquinante simile alla diossina) nel latte materno: a denunciarlo è il Comitato contro l’inceneritore di Montale che, a proprie spese (si parla di migliaia di euro), ha fatto eseguire le analisi sul latte di due donne, a due settimane dal parto, residenti nella fascia soggetta alla ricaduta delle polveri emesse dalle ciminiere dell’inceneritore di Montale. I dati mostrano in entrambi i soggetti una concentrazione di diossine, Pcb e furani nel latte materno. Secondo il Comitato da sottolineare è in particolare il dato relativo alla presenza di Pcb: il suo riscontro nei campioni di latte materno, infatti, segue una gamma di valori esattamente sovrapponibili e quasi proporzionali sia a quelli riscontrati dalle indagini dell’Asl nelle carni dei polli della zona, sia a quelli delle emissioni dell’inceneritore riscontrati dall’ Arpat. Questa, per il Comitato, è la dimostrazione che l’inceneritore è la causa di inquinamento preponderante sulla Piana. Una posizione che contrasta con quella di Provincia e Asl, le quali, riguardo al caso di contaminazioni dei polli, avevano già sostenuto che le tracce di Pcb rinvenute negli animali non potevano essere direttamente ed esclusivamente riconducibili alle emissioni dell’inceneritore. «Nel latte della prima donna - spiega Patrizia Gentilini, dottore dell’associazione Medici per l’ambiente - sono stati rinvenuti 3,98 picogrammi di furani e diossine per grammo di grasso, nella seconda 5,5. Se a questi si aggiungono i valori di Pcb, abbiamo nel latte della prima donna un valore di 10,6 picogrammi, in quello della seconda 9,5». Non c’è un tetto di concentrazione di questi inquinanti previsto per legge nel latte umano, ma i limiti previsti per il latte bovino (3pg/g di grasso per diossine e furani e 6 pg/g di grasso se si aggiungono i Pcb, ndr) sono ampiamente superati. Certo, la cosa dipende anche dal fatto che l’essere umano, essendo più longevo, è più soggetto all’accumulo di sostanze nocive. Ma resta il fatto che alla Mukki il latte delle mamme di Montale sarebbe rifiutato. «I dati - sottolinea poi Gentilini - dimostrano chiaramente lo stretto legame tra le percentuali di Pcb rintracciate nei polli e nel latte e quelle delle emissioni dell’inceneritore». L’assessore provinciale Rino Fragai ieri ribadiva la sua fiducia sui controlli di Asl e Arpat. Oggi sarà l’Asl a dire la sua, in una conferenza stampa annunciata ieri.
Il Comitato contro l’impianto ha fatto fare le analisi a sue spese
«Nel latte di due mamme i veleni dell’inceneritore»
Trovati diossine, furani e Pcb in concentrazioni che ne dimostrerebbero la provenienza dai forni del termovalorizzatore. Oggi parla l’Asl
MONTALE. Rinvenute tracce di diossine, furani e policlorobifenili (Pcb, una sostanza inquinante simile alla diossina) nel latte materno: a denunciarlo è il Comitato contro l’inceneritore di Montale che, a proprie spese (si parla di migliaia di euro), ha fatto eseguire le analisi sul latte di due donne, a due settimane dal parto, residenti nella fascia soggetta alla ricaduta delle polveri emesse dalle ciminiere dell’inceneritore di Montale. I dati mostrano in entrambi i soggetti una concentrazione di diossine, Pcb e furani nel latte materno. Secondo il Comitato da sottolineare è in particolare il dato relativo alla presenza di Pcb: il suo riscontro nei campioni di latte materno, infatti, segue una gamma di valori esattamente sovrapponibili e quasi proporzionali sia a quelli riscontrati dalle indagini dell’Asl nelle carni dei polli della zona, sia a quelli delle emissioni dell’inceneritore riscontrati dall’ Arpat. Questa, per il Comitato, è la dimostrazione che l’inceneritore è la causa di inquinamento preponderante sulla Piana. Una posizione che contrasta con quella di Provincia e Asl, le quali, riguardo al caso di contaminazioni dei polli, avevano già sostenuto che le tracce di Pcb rinvenute negli animali non potevano essere direttamente ed esclusivamente riconducibili alle emissioni dell’inceneritore. «Nel latte della prima donna - spiega Patrizia Gentilini, dottore dell’associazione Medici per l’ambiente - sono stati rinvenuti 3,98 picogrammi di furani e diossine per grammo di grasso, nella seconda 5,5. Se a questi si aggiungono i valori di Pcb, abbiamo nel latte della prima donna un valore di 10,6 picogrammi, in quello della seconda 9,5». Non c’è un tetto di concentrazione di questi inquinanti previsto per legge nel latte umano, ma i limiti previsti per il latte bovino (3pg/g di grasso per diossine e furani e 6 pg/g di grasso se si aggiungono i Pcb, ndr) sono ampiamente superati. Certo, la cosa dipende anche dal fatto che l’essere umano, essendo più longevo, è più soggetto all’accumulo di sostanze nocive. Ma resta il fatto che alla Mukki il latte delle mamme di Montale sarebbe rifiutato. «I dati - sottolinea poi Gentilini - dimostrano chiaramente lo stretto legame tra le percentuali di Pcb rintracciate nei polli e nel latte e quelle delle emissioni dell’inceneritore». L’assessore provinciale Rino Fragai ieri ribadiva la sua fiducia sui controlli di Asl e Arpat. Oggi sarà l’Asl a dire la sua, in una conferenza stampa annunciata ieri.
mq
1 commento:
quello che stavo cercando, grazie
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