venerdì 15 gennaio 2010

Lettera aperta all'assessore Beltrame

LA CULTURA NON PUO’ FARE SISTEMA

Assessore Beltrame,
mi riferisco agli articoli di oggi, che commentano il suo intervento al Consiglio Comunale. Lei - riportano i giornali locali - ha parlato di 'fare sistema', di una 'stanza delle intelligenze', di 'una programmazione più coordinata' e una migliore comunicazione fra gli enti, 'mettendo da parte parrocchie e personalismi"

Nonostante io possa andare contro il mio stesso interesse, nonostante gli slogan di moda e le frasi salvifiche, crediamo che la cultura non possa ‘fare sistema’ e che non ci possa essere una 'stanza delle intelligenze'.

Il fatto è che finora il sistema culturale è sempre stato presente e schiacciante, e di questo io mi sono sempre lamentata. Il sistema culturale italiano, per non parlare di quello pratese, è stato, è asfissiante. Chi entrerà in quella 'stanza delle intelligenze'?

Finora ci sono stati e ci sono ‘figli e figliastri’. Mi sembra che anche Lei lo abbia detto qualche tempo fa.

Certo, come auspica, è bene un riassetto economico-organizzativo degli enti culturali, ma in particolare c’è bisogno di una più equa distribuzione delle risorse, e ancor di più di, una più equa opportunità per tutti. Anzi, di 'pari opportunità'. (E questo non significa che tutti possano praticare l'arte, naturalmente).

Se il sistema culturale fa sistema, se abbiamo la 'stanza delle intelligenze', il rischio è quello di far morire le voci ‘diverse’ e che qualche intelligenza resti fuori. Insomma, buttati dalla porta, i ‘figli e figliastri’ tornano dalla finestra. Si torna alla lista dei ‘buoni e dei cattivi’. Io come Lei sa bene faccio parte di quest’ultimi.

Perché il rischio è quello di fare un sistema e di impedire sottilmente l’ingresso alle persone non gradite o che sono fuori da tutti i giochi tipici della ruffianeria del 'sistema'. O che magari parlano troppo, che magari non fanno solo gli artisti. Persone 'antipatiche'.

Dunque io sono contro una cultura di sistema, ma a favore della pluralità di voci.

Senza retorica: temo più di tutto la perdita della libertà. Perché senza la libertà l'essere artisti non ha senso. E già in questo Paese di libertà ne abbiamo persa abbastanza, a tal punto credo che a mala pena, solo per vezzo di maniera ormai, possiamo definirci 'artisti'.
Maila Ermini

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