Il Comune di Prato intende dedicare una via a don Danilo Aiazzi, il parroco del Soccorso che nel 1956 lesse la lettera del vescovo Fiordelli con cui ‘definì pubblici peccatori e concubini” Mauro Bellandi e Loriana Nunziati, i cosiddetti ‘concubini di Prato’.
Disconosco i motivi che portano il Comune a compiere questo atto, ma certo si dovrebbe intitolare una via anche a Mauro e Loriana, che hanno sofferto molto per una scelta consapevole e libertaria, quella di sposarsi civilmente.
Propongo alle autorità competenti e mi impegno personalmente per dedicare due vie di Prato a questi signori (anche se Loriana è morta solo tre anni fa), sia per le idee per cui hanno combattuto– in un tempo in cui le idee valgono così poco – sia per rendere giustizia alla Storia, così spesso calpestata, confusa e usata a proprio uso e consumo.
Disconosco i motivi che portano il Comune a compiere questo atto, ma certo si dovrebbe intitolare una via anche a Mauro e Loriana, che hanno sofferto molto per una scelta consapevole e libertaria, quella di sposarsi civilmente.
Propongo alle autorità competenti e mi impegno personalmente per dedicare due vie di Prato a questi signori (anche se Loriana è morta solo tre anni fa), sia per le idee per cui hanno combattuto– in un tempo in cui le idee valgono così poco – sia per rendere giustizia alla Storia, così spesso calpestata, confusa e usata a proprio uso e consumo.
Maila Ermini
Da Il Tirreno di oggi, cronaca di Prato
Da Il Tirreno di oggi, cronaca di Prato
Presto anche monsignor Danilo Aiazzi avrà una via col suo nome
Strade intitolate a pittori, musicisti e sacerdoti
AN. PI.
PRATO. “Ogni strada è soltanto una tra un milione di strade possibili” scriveva Carlos Castaneda nella sua opera “A scuola dallo stregone”. Fortunatamente ci sono i nomi a distinguerle e ad impedirci di perdere la retta via. Ma come fare quando le strade aumentano e i personaggi cui intitolarle scarseggiano? La commissione per la toponomastica di Prato ha deciso di risolvere il problema, scavando nel proprio passato, lontano e recente. E così, da qualche giorno, alzando la testa potremmo imbatterci in un cartello che recita “Via Ser Benedetto degli Schieri”, in onore del notaio-mercante pratese che, tra il 1382 e il 1430, ha operato a Ragusa, in Croazia. Un personaggio che ha fatto la storia pratese, non c’è che dire. Peccato che sia sconosciuto ai più. Ma evidentemente non al consigliere Giampiero Guarducci che ha proposto il suo nome per una strada. Stesso discorso per Renzo Martelli, che da qualche giorno è titolare di una strada in virtù del suo prezioso contributo alla resistenza pratese durante la seconda guerra mondiale. Una strada sarà dedicata anche a Omero Vallecorsi, valente musicista nato e morto a Prato a cavallo tra l ’800 e il ’900. La proposta, accolta all’unanimità, è stata fatta da FareArte e da Pratolirica. Tra via Erbosa, via Marini e via Filzi, invece, ci sono due strade nuove. I nomi? In assonanza con i toponomi della zona, la scelta è ricaduta su due pittori: Gino Brogi e Elena Berruti. Anche due proposti avranno intitolata una strada. Si tratta di monsignor Danilo Aiazzi, volto noto soprattutto ai fedeli della parrocchia del Soccorso, e don Raffaello Giunti, proposto di San Pietro di Galciana. Per quest’ultimo, però, bisognerà aspettare un po’ di tempo. La legge, infatti, dice “non è possibile assegnare toponimi a persone decedute da meno di dieci anni”. Bisognerà aspettare ancora un po’, dunque, per percorrere le strade dedicate a Paolo Paolieri ed Emanuele Bettini, entrambi deceduti nel 2002. Tempi decisamenti più lunghi per Riccardo Consorti, l’insegnante che si è battuto per l’integrazione degli stranieri ed è morto solo nel 2008, e per Rosa Parks, attivista afroamericana statunitense, morta nel 2005. Per chi si chiedesse cosa c’entra una statunitense con Prato, arriva immediata la risposta di Moreno Zazzeri, l’ex capogruppo dei Comunisti Indipendenti «la città di Prato da sempre in difesa dei diritti umani non può non riconoscere l’importanza di questa donna e dedicarle una strada».
Strade intitolate a pittori, musicisti e sacerdoti
AN. PI.
PRATO. “Ogni strada è soltanto una tra un milione di strade possibili” scriveva Carlos Castaneda nella sua opera “A scuola dallo stregone”. Fortunatamente ci sono i nomi a distinguerle e ad impedirci di perdere la retta via. Ma come fare quando le strade aumentano e i personaggi cui intitolarle scarseggiano? La commissione per la toponomastica di Prato ha deciso di risolvere il problema, scavando nel proprio passato, lontano e recente. E così, da qualche giorno, alzando la testa potremmo imbatterci in un cartello che recita “Via Ser Benedetto degli Schieri”, in onore del notaio-mercante pratese che, tra il 1382 e il 1430, ha operato a Ragusa, in Croazia. Un personaggio che ha fatto la storia pratese, non c’è che dire. Peccato che sia sconosciuto ai più. Ma evidentemente non al consigliere Giampiero Guarducci che ha proposto il suo nome per una strada. Stesso discorso per Renzo Martelli, che da qualche giorno è titolare di una strada in virtù del suo prezioso contributo alla resistenza pratese durante la seconda guerra mondiale. Una strada sarà dedicata anche a Omero Vallecorsi, valente musicista nato e morto a Prato a cavallo tra l ’800 e il ’900. La proposta, accolta all’unanimità, è stata fatta da FareArte e da Pratolirica. Tra via Erbosa, via Marini e via Filzi, invece, ci sono due strade nuove. I nomi? In assonanza con i toponomi della zona, la scelta è ricaduta su due pittori: Gino Brogi e Elena Berruti. Anche due proposti avranno intitolata una strada. Si tratta di monsignor Danilo Aiazzi, volto noto soprattutto ai fedeli della parrocchia del Soccorso, e don Raffaello Giunti, proposto di San Pietro di Galciana. Per quest’ultimo, però, bisognerà aspettare un po’ di tempo. La legge, infatti, dice “non è possibile assegnare toponimi a persone decedute da meno di dieci anni”. Bisognerà aspettare ancora un po’, dunque, per percorrere le strade dedicate a Paolo Paolieri ed Emanuele Bettini, entrambi deceduti nel 2002. Tempi decisamenti più lunghi per Riccardo Consorti, l’insegnante che si è battuto per l’integrazione degli stranieri ed è morto solo nel 2008, e per Rosa Parks, attivista afroamericana statunitense, morta nel 2005. Per chi si chiedesse cosa c’entra una statunitense con Prato, arriva immediata la risposta di Moreno Zazzeri, l’ex capogruppo dei Comunisti Indipendenti «la città di Prato da sempre in difesa dei diritti umani non può non riconoscere l’importanza di questa donna e dedicarle una strada».
16 commenti:
Sono completamente d'accordo.
Propongo di raccogliere in Baracca le firme per la petizione dei liberi cittadini che vorranno sostenere questa nobile iniziativa.
Gianfelice
Salve, sono un cittadino (da poco) pratese.
Sono completamente d'accordo con l'iniziativa e disponibile ad adoperarmi per la buona riuscita della stessa.
Contattatemi a toporobby[at]gmail[dot]com
Con stima, Roberto.
Anche io credo che bisognerebbe intitolare strade a Loriana e Mauro, vilmente vilipesi dai preti mentre cercavano solo di vivere la loro vita nel quadro delle leggi della Repubblica.
Pier Giorgio Nicoletti
Non sono cittadino pratese - anche se mi fermo talvolta nella vostra città per raggiungere Firenze via treno - ma condivido con convinzione e appoggio moralmente la vostra iniziativa laica e liberale.
Un saluto
Paolo
Sono completamente d'accordo con la vostra iniziativa. Sono stato concubino per molti anni, i migliori della mia vita. Liberiamoci dalla teocrazia. Ricominciamo a parlare di PACS.
Vergogna!
Io sono marchigiana, inorridisco (da confinante) all'idea di un'iniziativa tanto oscurantista: dedicare una via all'autore di un simile abuso di potere e di intelligenza è offensivo alla libertà e al libero pensiero.
Condivido appieno la vostra iniziativa.
Cari saluti,
Giulia
Una iniziativa giusta. Ma i pratesi, ormai addormentati al piffero cenniano, non muoveranno un dito. A loro basta tessere, guadagnare...
Comunque bravi, bravi. Io aderisco.
Marcello
E ora il Piddí come la mette con Madre Chiesa? pur di non perdere elettori, tacerá o avrá il coraggio di schierarsi a favore di una battaglia laica?
Bravi e, comunque vada, sará un successo!
Alfredo
Io e mia moglie Sonia soci UAAR aderiamo all'iniziativa in nome della difesa della laicità e della costituzione Italiana. Ricordiamo a chi vuole intitolare una strada al parroco che dileggiò Mauro e Loriana che non solo loro furono offesi ma lo fù anche lo stato di diritto.
Pienamente daccordo a fare una via per Mauro e Loriana.
Ciao, Roberto.
Ti ho risposto.
maila
Signor Ministro Tremonti,
in questi tempi di crisi e sforbiciate a destra e a sinistra, ma soprattutto a carico di lavoratori dipendenti, perché non infrangere il tabú dei patti lateranensi e rivedere i pesanti accordi economici con la Chiesa Cattolica? Quanti punti percentuali di PIL si riuscirebbero a spuntare? Lo avrá questo coraggio? da laico e statista?
Distinti Saluti
Paolo,
un osservatore romano
Sono completamente in disaccordo."Pubblici concubini (= che dormono insieme) è definizione tecnica, e "peccatori", dato che la convivenza more uxorio di due non coniugati è notoriamente peccato mortale, è veramente il minimo che un vescovo potesse dire.
I due quindi non hanno fatto proprio nulla di eroico: che volevano, peccare con il plauso del vescovo?
E intitolare una via a chi ha il solo "merito" di aver violato la morale mi pare un po' troppo.
Viva chi pecca!
Io firmerò a favore.
Lucilla
Il filosofo Piero Martinetti in "Sull'amore" scritto nel 1938 ma pubblicato da Il Melangolo solo negli anni 90 propose il Concubinaggio come forma di unione meno impegnativa del matrimonio, grosso modo simile agli attuali Pacs.
Se i due non volevano il matrimonio religioso, non so che senso abbia potessero avere comunione e benedizione della casa. Uno che lavora il sabato, mangia maiale e dipinge figure umane non so cosa possa andare a fare in Sinagoga. Sono d'accordo con Damiani, o sei nella Chiesa o sei fuori
D'accordo. Ma bisogna calarsi in quel tempo, in quella classe sociale - operaia - con poca preparazione culturale. Essere definiti 'concubini' significava essere squalificati socialmente ed economicamente, un danno in sostanza e una vita quotidiana resa difficile.
Insomma, Mauro Bellandi avrebbe dovuto non curarsi della definizione del vescovo, posto che non era credente ed era comunista. Oggi si può più essere, al riguardo, facilmente coerenti.
In sostanza Lei dà ragione alla sentenza che proprio sulla base di un ragionamento come il suo poi in appello assolse il vescovo Fiordelli.
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