giovedì 10 giugno 2010

Perché il declino della cultura italiana non dipende solo dai tagli ai finanziamenti. (Prima parte).

Il declino culturale italiano è iniziato da tempo, da quando i finanziamenti hanno imboccato il percorso vizioso dei circuiti monopolistici e di settore, generando un’offerta artefatta e stantia, calata dall’alto e basta, creando una casta privilegiata protetta dai vari settori politici.
Alla fine il pubblico si è stancato di prodotti standardizzati e insignificanti, gli unici permessi.
Dal ‘basso’ non viene più nulla, non è concesso (e dunque non finanziato) se non a denti stetti e, se nasce, si fanno tentativi per distruggerlo; niente o quasi che possa fregiarsi di questo nome è lecito: autentico.
Gli stessi assessori alla cultura sono ormai poco più che meri organizzatori di una serie di eventi, manifestazioni, spettacoli (quando le amministrazioni pubbliche non scelgono di creare aberranti associazioni o agenzie ad hoc per gestirli in toto e senza impedimenti) che non devono disturbare e che possono solo ‘piacere’. Svagare.
Insomma il processo creativo culturale è ridotto semplificato e morto nell’’evento’ e invano si cerca di resuscitarlo chiamando ‘nomi’, che però sempre di più finiscono per deludere il pubblico, ignorante del fatto che si può diventare tali ormai quasi esclusivamente se si è artisticamente tele-insignificanti.
Per questo inutili sono i tentativi di fare della cultura un motore economico, un investimento, e solo questo sostanzialmente sembra interessare. Ma è proprio questo solo interesse, unito alla censura in atto e alla persecuzione o allontanamento degli artisti e intellettuali non conformati, che produce anche il fallimento dell' élan economico che si persegue. (Segue).
Maila Ermini
(N.B. Il blog è libero, ma la citazione, in caso di copia, è obbligatoria)

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