La mia professoressa di filosofia antica, Margherita Isnardi Parente, suggeriva ai suoi allievi di scrivere le note sui libri a penna; non con il lapis.
Ricordo il mio stupore quando al termine di un esame mi chiese le mostrassi i libri, su cui effettivamente avevo scarabocchiato le mie note per sempre. Lei fu molto soddisfatta, e mi chiese contezza di ogni nota, commento, chiosa di una pagina. Anche di quelle più banali, di cui mi vergognai molto, inutilmente.
Questo scrivere, solcare il libro con il proprio commento è dialogare, ribattere, confrontarsi con l’autore; essere creativi, in qualche modo, e ragionanti. Apprendere i concetti.
Il libro elettronico, pur comodo e facile, non lo permette. Non lo posso annotare. E anche se lo potessi annotare, la mia scrittura rimarrebbe là, distante, in altro luogo e spazio, con qui con me.
Non è carnale, il libro elettronico; se si porta a letto, non si piega e modula fra le mani.
E' significativo che ancora non si vedano persone lettori di 'e-book' in giro per il mondo, ma solo lettori di libri di carta.
Questo rapporto fisico con la carta, l’odore, lo sfogliare della pagina, scriverla, è un rapporto intimo ed erotico, fisico-mentale, che nessun libro elettronico potrà sostituire.
Nessuna campagna di indottrinamento commerciale o di opportunità, elogio qualsivoglia potrà mai convincerci intimamente del contrario.
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