Ieri, in Commissione Cultura della Regione Toscana, per esprimere un giudizio sulla bozza del Piano Cultura, che al primo passaggio, non è stata votata.
Naturalmente il giudizio era, nel mio caso, sulla voce 'teatro'.
Erano presenti le compagnie più 'importanti' della Toscana, quelle storiche, e altre più giovani e di recente costituzione. Molte di quelle importanti hanno preferito non esprimersi, ma solo ascoltare.
Quando è toccato il mio turno ho rilevato questi punti:
1. Nel complesso il mio giudizio sulla bozza è negativo;
2. Sono contraria alla chiusura del Circuito di Sipario Aperto che, nonostante le molte lacune, ha costituito un tentativo di coordinamento fra compagnie, una specie di circuito appunto, un sistema orizzontale e dal basso, democratico nei suoi principi ispiratori;
3. Ho espresso perplessità sul sistema delle 'residenze', con cui si vuole sostituire Sipario Aperto, per le compagnie; tuttavia il mio giudizio è al momento negativo: esse mi sembrano come le monadi leibniziane, finestre chiuse dentro cui ogni realtà starà e vivrà, tessendo rapporti solo con la Regione; finestre che non comunicano con le altre. Contrariamente al Circuito Sipario Aperto, le residenze sono 'verticali'.
4. Conseguentemente sono contraria all'esistenza di un circuito esclusivo e monopolistico, parusìa del potere partitico regionale, la Fondazione Toscana Spettacolo, espressione culturale affatto democratica, che ha in gestione la stragrande maggioranza dei teatri toscani agibili e propriamente detti;
5. la bozza del Piano Cultura appoggia e potenzia solo i grandi centri di produzione, e quindi non è democratica, ma accentratrice; non sviluppa il tessuto culturale, è demagogica.
6. Nel testo non c'è nessun accenno alla 'drammaturgia', nemmeno nelle sue forme più 'estreme' o cosiddette 'non convenzionali'. Questo è grave, non solo da un punto di vista estetico o di valorizzazione della scrittura teatrale in sé, ma anche perché la parola resta, nonostante tutte le forme teatrali novecentesche che hanno cercato di superarla o modificarla, l'elemento fondante del teatro. C'è un tentativo di delegittimare il teatro di parola, sotto l'apparenza dell'ormai teatro di ricerca, del ricercare qualcosa di 'nuovo' che piace ai giovani e meno giovani, al pubblico, al fine di condurlo a teatro, che in realtà cela la volontà politica di metterlo per sempre a tacere.
Questo ultimo punto evidenzia insieme agli altri come si voglia organizzare una struttura verticale e controllata, dove alle compagnie viene dato un contentino che magari potrà essere sostanzioso, soprattutto a certe compagnie che lavorano da anni con la Regione in progetti vari, ma statico, affatto dinamico.
Deludenti molti interventi dei colleghi, che in maggioranza plaudono a Rossi (che sì ha dichiarato che non opererà tagli alla Cultura, ma i soldi prenderanno la strada che devono prendere), e al sistema delle residenze:a parte qualcuno, il conformismo e il plauso al potere degli interventi è stata la nota fondamentale. Anche fra i giovani: a molti di loro manca una consapevolezza critica e politica del sistema in cui sono inseriti, e in cui comunque vogliono stare.
C'è stata anche una regia pasticciona degli interventi, per cui ha concluso chi doveva concludere, e certo non si è espresso contro il Piano. E' risaputo che l'ultima battuta è quella più importante nel teatro.
Al termine di questa consultazione il mio giudizio è diventato negativo anche su molti che fanno teatro in questa Regione. Mi sembra che ci sia una consonanza assoluta fra compagnie ed erogatori di danaro pubblico che, a mio avviso, può mettere in serio pericolo anche gli esiti propriamente estetici, oltreché culturali.
Insomma, nonostante le possibili, presunte, per me incerte risultanze sul piano teatrale propriamente detto, questo teatro rischia di non servire, oltreché non piacere a nessuno, perché non pone, non può porre i quesiti essenziali che da sempre contraddistinguono il teatro stesso e lo rendono necessario, perché non è libero.
E' a causa di questa collusione, non certo alla televisione o ad altro, che il teatro rischia di essere abbandonato dal pubblico: e con questo rispondo a chi ha detto, come se fosse al mercato come banditore, che 'il teatro non basta più'. La mia esperienza estetica e politica è assolutamente diversa, e quindi contraria a questi tentativi di normalizzazione a cui si prestano certi teatranti, pifferai di finte ricerche e novità.
Al termine di questa consultazione il mio giudizio è diventato negativo anche su molti che fanno teatro in questa Regione. Mi sembra che ci sia una consonanza assoluta fra compagnie ed erogatori di danaro pubblico che, a mio avviso, può mettere in serio pericolo anche gli esiti propriamente estetici, oltreché culturali.
Insomma, nonostante le possibili, presunte, per me incerte risultanze sul piano teatrale propriamente detto, questo teatro rischia di non servire, oltreché non piacere a nessuno, perché non pone, non può porre i quesiti essenziali che da sempre contraddistinguono il teatro stesso e lo rendono necessario, perché non è libero.
E' a causa di questa collusione, non certo alla televisione o ad altro, che il teatro rischia di essere abbandonato dal pubblico: e con questo rispondo a chi ha detto, come se fosse al mercato come banditore, che 'il teatro non basta più'. La mia esperienza estetica e politica è assolutamente diversa, e quindi contraria a questi tentativi di normalizzazione a cui si prestano certi teatranti, pifferai di finte ricerche e novità.
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