domenica 4 marzo 2012

Il cantore dell'Interporto




 

Ecco una lettera del Presidente degli Industriali Pratesi Riccardo Marini (per fortuna uscente), dal titolo eloquente: "Prato deve restare concreta. E manifatturiera".
Il signor Marini si permette anche di parlare dell'area etrusca di Gonfienti, e sentenzia  che è 'irrilevante', e che sviluppare il turismo a Prato è in sostanza una baggianata; che non si sogna minimamente la Pompei etrusca.
Le sue dichiarazioni sono gravissime.
Le sue dichiarazioni fanno il bene degli industriali, e non dei cittadini pratesi.
Le sue dichiarazioni fanno il bene delle tasche degli industriali, e non dei cittadini pratesi.

(Le sue dichiarazioni sono poco lungimiranti anche dal punto di vista industriale, visto che dichiara che la mondializzazione è inarrestabile!)
E' vergognoso che lui, che non sa nulla di Gonfienti, si permetta di parlare così!
Naturalmente l'industriale fa il cantore dell'Interporto (senza mai nominarlo, badate bene!), dove non sono sazi di fare buchi enormi di bilancio, e capannoni vuoti, e vogliono ancora costruire!
Minacciati dalla ripresa degli scavi e da ricostruzione fantastiche in Second Life di Gonfienti antica, vogliono ancora costruire capannoni nelle aree rimaste inedificate a compenso di aree destinate al parco archeologico? D'altronde la possibilità di espansione verso Campi Bisenzio, agognata, sembrerebbe ancora ferma in Comune...quindi...
Ecco il futuro di Gonfienti, e proprio mentre dicono di riprendere gli scavi!
Esattamente come, nel 2005, dopo il convegno "Dalle Emergenze alle Eccellenze", dove sembrava che la ri-nascita della città antica fosse cosa fatta, proprio in quel momento, alcuni giorni dopo fu approvato il nuovo piano di sviluppo della Società Interporto.

E il Sindaco di Prato, ex-industriale, che dice di tutto questo? Egli mi promise, a elezioni appena concluse, che Gonfienti sarebbe stata "la priorità". Finora non ha fatto nulla, né si è mai espresso veramente.
E lo scrittore assessore alla Cultura e Sviluppo Economico (che strano connubio!) scrittore Nesi? E l'Ingegner Presidente di Provincia Gestri?


 «Prato deve restare concreta. E manifatturiera»

Lettera alla città di Riccardo Marini alla chiusura del mandato di presidente dell’Unione
SONO trascorsi pochi giorni da quel 28 febbraio che rappresentava il terzo anniversario dalla mobilitazione della città, all’insegna di quel «Prato non deve chiudere» che ebbe ampio risalto a livello nazionale.
La ricorrenza, se ci eccettua un richiamo del Vescovo, è passata sotto silenzio. Bisognerebbe non dimenticare che a seguito di quella iniziativa il distretto ha potuto godere di risorse preziose, soprattutto sul versante degli ammortizzatori sociali e dell’accesso al credito. Ma il vero significato di «Prato non deve chiudere» è, almeno ai miei occhi, un altro, ed è su questo che vorrei soffermarmi.
Il 28 febbraio 2009 rappresentò il riconoscimento dell’identificazione fra Prato e il suo manifatturiero, la constatazione che Prato vive, cresce e prospera se e in quanto vivono, crescono e prosperano fabbriche e laboratori.
Curiosamente, mentre la crisi finanziaria costringe il resto del mondo a guardare con rinnovato interesse all’economia reale e al manifatturiero in particolare, mentre gli economisti ci dicono che il nostro paese sta in piedi grazie all’export, proprio ora Prato sembra aver smarrito il senso della sua identità manifatturiera.
Di più: sembra incline a perdere quel tratto antropologico di concretezza che ha fatto di Prato ciò che è.
Negli ultimi tempi ci sono stati vari esempi di questa tendenza. Cito due esempi: il Creaf e gli scavi archeologici di Gonfienti.
PER IL primo caso, ho trovato surreale il confronto con investimenti cinesi nel biellese che per contrasto farebbero risaltare una presunta cecità di Prato rispetto alle opportunità di collaborazione con la Cina. Le situazioni non sono affatto confrontabili.
A Biella un’impresa cinese acquista in trasparenza delle imprese meccanotessili locali, con un’operazione che potrà forse turbare ma che si inserisce nel quadro, oggettivamente inarrestabile, della mondializzazione dell’economia. A Prato soggetti pubblici fruiscono di risorse europee per acquisire un immobile senza avere un disegno preciso sulla sua utilizzazione; alla fine ipotizzano di ospitarvi un non meglio definito centro di ricerca tosco-cinese i cui scopi ed i cui protagonisti non sono chiari nemmeno dopo ripetuti contatti, visite in loco ai presunti partner cinesi e proposte precise, anche da parte nostra, per cercare responsabilmente di dare una finalizzazione a questa struttura.
Il presidente del Creaf dice che a Biella c’è più concretezza: certamente a Prato c’è stata e c’è molta confusione e lo invito a riflettere su questo in relazione alla struttura di cui è a capo.
LA QUESTIONE Gonfienti è altrettanto sconcertante, per una molteplicità di ragioni. Innanzitutto, il miraggio del turismo come panacea dell’economia pratese. Facciamo chiarezza. Il turismo rappresenta il 6% del Pil della Toscana, di una regione, cioè, con molte aree incomparabilmente più interessanti di Prato dal punto di vista turistico. Io sono nato in piazza San Marco e nessuno ama Prato più di me: però se dicessi che questa città ha le attrattive turistiche di Firenze, Pisa, Siena, della Versilia o della Maremma sarei ben lontano dall’obiettività. Potenziamo sì il turismo locale: sarebbe colpevole ignorare questa risorsa; ma se pensiamo di basarvi la nostra economia ci facciamo delle illusioni.
In secondo luogo, le specifiche potenzialità turistiche della città etrusca di Gonfienti: io le ritengo irrilevanti ed invito chi la pensa diversamente a farsi una gita a Marzabotto, dove si trova la città “gemella”, anche se più piccola, di quella del pratese. Non voglio essere frainteso: capisco l’importanza della scoperta sul piano scientifico ed auspico che i «nostri» etruschi vengano studiati e servano ad arricchire le conoscenze su questo popolo straordinario. Però questo è un piano squisitamente culturale; da qui ad immaginarsi una nuova Pompei ce ne corre.
CONCLUDO, contrariamente al mio solito, senza proposte precise. Ne ho fatte molte in passato: alcune si sono realizzate, altre meno, e non sempre per limiti dell’Unione o delle imprese che ne fanno parte. Ora però sto finendo il mio mandato e starà al mio successore fare progetti e programmi. Io mi limito a dire questo: Prato è tutt’altro che al suo epilogo; ce la può fare a trovare nuovo slancio; è essenziale però che tutti, a cominciare dalle istituzioni, rimettano i piedi per terra e valutino con lucidità limiti e opportunità dello sviluppo locale. Nessuno può fare questo da solo: ma oggi sono venute meno le sedi in cui ci si confrontava, anche animatamente ma con costruttività. Occorre recuperare momenti di dialogo interni al distretto, un dialogo che per diventare fruttuoso deve essere franco, generoso e concreto. Con i castelli in aria, gli antagonismi e gli slogan si va poco lontano.
* presidente Unione Industriale Pratese
 Edizione di PRATO(dom, 4 mar 2012)

3 commenti:

Anonimo ha detto...

E meno male che Marini ha chiuso il suo mandato! Ne arriverà uno come o peggiore di lui?
Che c'entrano il distretto e l'identità con Gonfienti? Come se dare sviluppo all'area archeologica equivalesse a soffocare il settore tessile! Ma questa è una baggianata degna di un industriale, uno che non vede al di là del proprio naso, o meglio delle proprie tasche, uno che non riesce a intravedere che il processo di mondializzazione sta già mostrando seri ed inarrestabili sintomi di marcia indietro...Forse Marini difende l'interporto, nel quale forse avrà molti interessi e ciò è anche comprensibile; ma che non faccia un salto con la fantasia dimostra, questo sì, dove andare a cercare le crisi del settore...La cultura, il suo settore, è ancora percepito in questa città come un ostacolo allo sviluppo: complice lo pseudo assessore Nesi che nulla ha fatto in questi anni se non pensare al suo particulare. Gonfienti virtuale? in un romanzetto, forse...
Antonio, da Prato

Lanfranco Nosi ha detto...

http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2012-02-18/niente-cultura-niente-sviluppo-141457.shtml?uuid=AaCqMotE&p=2

Ma Marini lo avrà letto???

Simone ha detto...

Quanto qualunquismo, da persona che ignora - o finge di ignorare- che la realtà sta radiclamente mutando il profilo di Prato; il voler restare attaccati solo al tessile ( che agonizza ) è quella, si, pura follia.
Vada in giro per Prato, Marini, e chieda in giro ai pratesi di oggi se sanno a cosa serve l'Interporto, quanto è utilizzato, e quali siano gli "enormi" benefici economici da esso prodotti per Prato. Scoprirà che una grandissima fetta di popolazione non ha percepito nessun vantaggio per il benessere della città dall'Interporto, e a stento riesce a collocarlo urbaniticamente. Persone come Marini, legate comprensibilmente per ragioni anagrafiche a un passato che oggi purtroppo la realtà economica ha spazzato via, dovrebbero almeno avere l'onestà di non avvelenare i pozzi prima di uscire dalla scena pubblica. Questa "sparata", tanto miope da sembrare uno scherzo, dimostra solo che davvero c'è bisogno di figure nuove che sappiano aprire Prato al futuro, e che certi personaggi hanno fatto il loro tempo. Il cemento dell'interporto, i capannoni sottoutilizzati che hanno devastato quell'area non hanno prodotto NESSUN progresso vero per Prato. O si vuole negare anche questo, per ragioni di parte?

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