Perché l'assessore
all'integrazione Giorgio Silli non ha incontrato il ministro Kyenge? Perché la
pensa diversamente da lei! (O forse perché siamo in odore di elezioni?).
E invece di dirglielo in
faccia, quale rappresentante delle istituzioni locali, scrive una lettera ai
giornali.
Un'altra occasione mancata
di 'integrazione', ma soprattutto di dialogo o di scontro vero.
Dunque o siamo all'interno
delle istituzioni e ad esse ci si attiene, e all'interno di queste si dialoga o
ci si scontra, oppure, che senso ha essere assessore, stare all'interno delle
istituzioni?
Lui doveva andare dal
Ministro e invece parlare di tutte le enormi problematiche della città di
Prato, anche se lei sta da un'altra parte, se considera le opinioni del Ministro
qualcosa che non sta né in cielo né in terra.
Dopo la mancata giornata di
lutto per la morte delle tre cinesi nell'ancora chiuso sottopassaggio di via
Ciulli - che forse non sarà mai riaperto - ecco questa nuova gaffe del governo
locale.
Mi
permetto poi di ricordare a Giorgio Silli che la poesia è una cosa seria.
Talmente seria che non tutti ne capiscono l’importanza e la necessità, a tal
punto da usarla come sinonimo di ‘favola’.
La Nazione, Prato: "Arriva Kyenge e Silli attacca
«Fa troppi spot, non la incontrerò» Il ministro al circolo di Cafaggio, lettera al veleno dell’assessore
di GIORGIO SILLI*
OGGI non presenzierò all’incontro organizzato per il ministro Kyenge durante la sua visita a Prato sebbene questo istituzionalmente mi dolga. Credo di essere stato uno dei primi rappresentanti delle istituzioni ad averle inviato una lettera di augurio per il suo nuovo incarico. Chi più di me, assessore all’integrazione del comune con la maggior densità di migranti stimata in Europa, avrebbe potuto capire l’importanza della sua delega di governo?
Il fatto è che fare integrazione non significa certo gettare benzina sul fuoco con dichiarazioni che non stanno né in cielo né in terra.
Credo, e lo dico sommessamente, con il rispetto che è dovuto ad un ministro della Repubblica, che essere ministro dell’integrazione non debba significare essere ‘‘il ministro degli immigrati contro gli italiani’’. Il nostro compito è costruire una società migliore per il futuro, un migliore convivenza fra migranti e cittadini autoctoni e questo non lo si fa certo con concessioni ‘‘spot’’, con proposte assolutamente ideologiche o con dichiarazioni fuori dal tempo. Ho appreso dalla stampa alcune posizioni tipo la necessità di posti garantiti per migranti nella pubblica amministrazione, le dichiarazioni sulla poligamia, la posizione del ministro inerente lo ius soli-ius sanguinis.
Non nego che il codice dell’immigrazione vada rivisto completamente, che esso sia una sorta di patchwork composto di decine di toppe messe da questo o da quel governo, che abbia al suo interno dei controsensi e non nego neppure che la legge sulla cittadinanza vada modernizzata, ma non credo proprio che la panacea di tutti i mali sia lo ius-soli o il diritto di voto ‘‘senza se e senza ma’’ ai migranti residenti.
Togliamo piuttosto le code davanti alle questure, facciamo rinnovare il permesso di soggiorno ai comuni così da avere agenti di polizia sul territorio e non negli uffici, sburocratizziamo alcune pratiche. Questi sono alcuni passi da fare prima di pensare alle rivoluzioni. Prato ha una lunga tradizione di accoglienza, lo dimostra il fatto che ancor prima che scoppiassero le rivolte in Nord-Africa sul nostro territorio già vi erano, a spese del ministero dell’interno attraverso il progetto SPRAR, diverse decine di asilanti e profughi. Prato non è e non vuole essere definita razzista, vuole anzi collaborare con i governi affinché le normative in materia di immigrazione siano cambiate in meglio.
Ma non si può certo pretendere che si collabori alla realizzazione di certe proposte politiche che non hanno fatto altro che gettare benzina sul fuoco. Gli stessi migranti, in gran parte, capiscono che alcune dichiarazioni non fanno altro che aumentare la diffidenza dei cittadini italiani verso di loro.
Integrazione si fa abbattendo il muro che ci separa dai futuri ‘‘nuovi italiani’’, non certo stimolando i cittadini autoctoni a costruirne di ancora più alti. Integrare chi è sul nostro territorio e lavora onestamente, bloccare i flussi in ingresso fino a che non ci sarà lavoro per tutti, espellere chi non ha titolo di soggiorno. Questo è l’unico modo di gestire il fenomeno con raziocinio. Il resto sono poesie.
*assessore all’integrazione del Comune
OGGI non presenzierò all’incontro organizzato per il ministro Kyenge durante la sua visita a Prato sebbene questo istituzionalmente mi dolga. Credo di essere stato uno dei primi rappresentanti delle istituzioni ad averle inviato una lettera di augurio per il suo nuovo incarico. Chi più di me, assessore all’integrazione del comune con la maggior densità di migranti stimata in Europa, avrebbe potuto capire l’importanza della sua delega di governo?
Il fatto è che fare integrazione non significa certo gettare benzina sul fuoco con dichiarazioni che non stanno né in cielo né in terra.
Credo, e lo dico sommessamente, con il rispetto che è dovuto ad un ministro della Repubblica, che essere ministro dell’integrazione non debba significare essere ‘‘il ministro degli immigrati contro gli italiani’’. Il nostro compito è costruire una società migliore per il futuro, un migliore convivenza fra migranti e cittadini autoctoni e questo non lo si fa certo con concessioni ‘‘spot’’, con proposte assolutamente ideologiche o con dichiarazioni fuori dal tempo. Ho appreso dalla stampa alcune posizioni tipo la necessità di posti garantiti per migranti nella pubblica amministrazione, le dichiarazioni sulla poligamia, la posizione del ministro inerente lo ius soli-ius sanguinis.
Non nego che il codice dell’immigrazione vada rivisto completamente, che esso sia una sorta di patchwork composto di decine di toppe messe da questo o da quel governo, che abbia al suo interno dei controsensi e non nego neppure che la legge sulla cittadinanza vada modernizzata, ma non credo proprio che la panacea di tutti i mali sia lo ius-soli o il diritto di voto ‘‘senza se e senza ma’’ ai migranti residenti.
Togliamo piuttosto le code davanti alle questure, facciamo rinnovare il permesso di soggiorno ai comuni così da avere agenti di polizia sul territorio e non negli uffici, sburocratizziamo alcune pratiche. Questi sono alcuni passi da fare prima di pensare alle rivoluzioni. Prato ha una lunga tradizione di accoglienza, lo dimostra il fatto che ancor prima che scoppiassero le rivolte in Nord-Africa sul nostro territorio già vi erano, a spese del ministero dell’interno attraverso il progetto SPRAR, diverse decine di asilanti e profughi. Prato non è e non vuole essere definita razzista, vuole anzi collaborare con i governi affinché le normative in materia di immigrazione siano cambiate in meglio.
Ma non si può certo pretendere che si collabori alla realizzazione di certe proposte politiche che non hanno fatto altro che gettare benzina sul fuoco. Gli stessi migranti, in gran parte, capiscono che alcune dichiarazioni non fanno altro che aumentare la diffidenza dei cittadini italiani verso di loro.
Integrazione si fa abbattendo il muro che ci separa dai futuri ‘‘nuovi italiani’’, non certo stimolando i cittadini autoctoni a costruirne di ancora più alti. Integrare chi è sul nostro territorio e lavora onestamente, bloccare i flussi in ingresso fino a che non ci sarà lavoro per tutti, espellere chi non ha titolo di soggiorno. Questo è l’unico modo di gestire il fenomeno con raziocinio. Il resto sono poesie.
*assessore all’integrazione del Comune