domenica 21 luglio 2013

Benigni, il comico che tutti i governi vorrebbero avere

Diciamolo chiaramente: Benigni è il comico che tutti i governi vorrebbero avere. Legge Dante (sì, è politico, ma chissenefrega della politica del 1300? Sì, ce l'ha contro i lussuriosi, ma chissenefrega? Lussuriosi è un conto, magnaccia è un altro...); fa satira politica in maniera intelligente, ma di e su tutti, eh, proprio di e su tutti, ed è delicatino quando la fa, a tal punto che può farla di Renzi quando Renzi è in prima fila.
Poi è tanto bravo, si ricorda dei suoi amici, li bacia quando son morti, li cita, dedica loro spettacoli eccetera.
Via, è simpatico, oltreché buono.

Carlo Monni, nei nostri giorni passati assieme, non ne parlava mai male. Lo adorava.
Ma Carlo non parlava male di nessuno, se non degli attoroni falsi (i La-vìa, come diceva lui, ma rispettava Herlizka, per esempio) e soprattutto di quelli - anche dei teatri che lo hanno celebrato - che non lo pagavano.

Di Benigni aveva un ricordo fisso nel tempo anni '70, quando Benigni si cibava solo di bracioline, del "Berlinguer ti voglio bene", insomma.

Monni leggeva la Commedia meglio di Benigni, perché Benigni non sa d'attore ed è didattico (oltre a spogliare Dante della sua politicità, renderlo innocuo), mentre Monni era davvero un poeta contadino (e NON un attore, come a livello popolare vien considerato), un esempio di un mondo scomparso; leggeva la Commedia con grazia popolare, ilare, come ho sentito da mia nonna, come il mio antenato poeta Attilio Benvenuti, di cui mio padre ancora mi ricorda il modo.
Da questo percorso popolare Benigni e Monni hanno attinto, e ciascuno a suo modo l'ha reso al pubbico.

Entrambi, sia Benigni che Monni, sebbene abbiano percorso strade diverse, sono stati però uniti nel voler sempre piacere al pubblico, popolo o potenti, mai dispiacere, mai andar controcorrente.

Ai giovani piacciono, in particolare piaceva Carlo, perché dava l'idea del disimpegno scolastico, del chissenefrega, dell'irriverenza, dell'antianaliticità, della vita istintiva, che anche se non si studia si può arrivare a qualcosa, insomma, viva il disordine e la pappa al pomodoro.



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