martedì 1 marzo 2011

CENTOCINQUANTA

L'assessorato alla cultura di Prato organizza un ricco programma di manifestazioni in occasione della ricorrenza dei 150 anni. Con mostre e tanti spettacoli, hanno chiamato anche me che scrivo con Anito e Garibalda. Com'è nello stile della signora Beltrame, di riempire e di 'esaurire' tutto il possibile, al fine di non farsi trovare in fallo, e di non dimenticarsi mai dei 'nemici'. 
Effettivamente c'era il bisogno di una rivisitazione del Risorgimento pratese così poco conosciuto (come sarebbe da conoscere cosa accadde durante il periodo napoleonico, completamente inabissato nel dimenticatoio...).
Tuttavia nel ricco cartellone si nota, ancora una volta, qualche scivolone nel gusto e nella sostanza, e un tentativo di passare sotto silenzio i conflitti della storia stessa.
Primo: si tace del tutto quello fondamentale e mai risolto in Italia fra Stato e Chiesa, argomento consustanziale che non può essere omesso.
Secondo: un tono di generale forzata allegria pervade tutto il flusso delle manifestazioni, con inviti a brindisi e fanfare; si punta addirittura ad evitare i dibattiti, a cui si allude come qualcosa di inutile e noioso. Infatti, così testualmente si legge: "E dopo il film…...No, il dibattito no!!!, ma quattro chiacchere fra amici sul film ed un brindisi tricolore, si!!!" Questo invito è, senza considerare il resto, almeno di cattivo gusto. Dopo un film come Bronte - Cronaca di un massacro che i libri di storia non hanno raccontato di Florestano Vancini non so se il dibattito possa essere evitato. E poi, perché scriverlo? In realtà si ha paura di questa storia e non si vuole rogne, di nessun tipo. L'anniversario deve essere una festa, punto, occasione, un compitino da svolgere, e non un momento di riflessione.
Il dibattito che io spesso sollecito dopo gli spettacoli in Baracca non è certo un momento noioso. Quando capita di non farlo, anche perché a volte anche a me non va, il pubblico lo chiede. Lo chiede rimanendo seduto, in silenzio. Oppure restando a gruppi a discutere.
E poi il ruolo dato alla musica è superficiale, ancora una volta ricreativo e celebrativo, quando nell'Ottocento essa ha svolto un ruolo politico fondamentale: rivoluzionario, ma anche creatore della retorica di Stato.

m.e.

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