Questo è il primo articolo di Maila Ermini, che cura su Metropoli una rubrica a scadenza bisettimanale. Questo è stato pubblicato il 25 febbraio 2011.
“Prato incontra”, ovvero della creazione mitologica
Organizzando Prato-incontra la giunta pratese intende spacciare la partecipazione.
Finora stessa formula: un tema relativo alla città e poi, come invitati, rappresentanti del governo cittadino con il sindaco sul palco del Metastasio. Di volta in volta un moderatore, un giornalista. Intrattenimento musicale e, sul finire della serata, le domande dei cittadini. La scena ricorda, nonostante si svolga in un teatro, quella inventata da Maurizio Costanzo anni fa. Dunque il modello è televisivo, modello autoritario e mito-logico, e non certo partecipativo.
In effetti i cittadini hanno potuto intervenire poco e male, tardi, quando l’incontro stava per terminare, con un microfono che veniva tolto velocemente dalle loro mani; in molti hanno lasciato il teatro con un forte senso di frustrazione.
Con Prato Incontra la giunta celebra se stessa, si fa propaganda con l’inganno della partecipazione; ribadisce il concetto del ‘centro’, luogo cittadino da rivalutare, ma anche simbolo della centralità del potere, trasformando il teatro in trono, emblema di sovranità che, pur amabile e con presunte aperture trans-‘ideologiche’, rimarca autorità, prestigio e autorevolezza, decretando contestualmente la fine del decentramento, la morte delle circoscrizioni. Infine spaccia Internet come valido mezzo democratico (nell’ultimo incontro i cittadini potevano inviare le loro domande via Internet), che invece solca ancor di più, nella sua inconsistenza materiale, il divario fra potere e sudditanza. Fra realtà e politica immaginaria.
Dunque, quello a cui finora abbiamo assistito, con molte cadute di stile e spazio alla noia, è stata una continua auto-referenzialità.
Dal punto di vista del messaggio (come una volta si diceva) il sindaco ha potuto rilanciare forte e chiaro il suo leit-motiv, ovvero il superamento delle ideologie, come se queste esistessero ancora. Come se governo e opposizione si scontrassero ancora per una diversa visione della realtà. Il conflitto, se c’è, non è certo in campo ideologico, poiché la imago mundi è ormai uniformata, e i contendenti utilizzano gli stessi topoi per accreditarsi. A dimostrazione di ciò sta il fatto che alcuni temi, come per esempio l’integrazione o il verde pubblico, un tempo più privilegiati a Sinistra, sono stati discussi, diciamo così, con certa scioltezza dalla giunta cenniana. E anche, sarebbe sbagliato pensare che questo modo di fare politica ‘televisivizzata’ sia prerogativa della Destra. Esso, pur con alcune differenze manieristiche e la scesa in campo di personaggi televisivi locali, appartiene ormai a tutto il versante partitico. Con altrettanta scioltezza avrebbero potuto parlare altri protagonisti di altre giunte e sugli stessi argomenti, con animo amabile, paternalistico e salottiero, e convinti; si sarebbero uditi altri personaggi affrontare ‘letterariamente’ i problemi della città come in un lungo racconto, e in questa narrazione collettiva pensati di averli affrontati e risolti.
Ma la città reale, sempre più ‘ capannonizzata’ nonostante la crisi, con i suoi cittadini smarriti, sono da un’altra parte; è altra da questa narrazione, da questa creazione mitologica che intende offrirci la politica.
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