di Tonguessy
Non voglio qui addentrarmi nelle statistiche ed analisi su ciò che sta accadendo alle centrali nucleari giapponesi. Voglio invece tentare di comprendere se il Giappone poteva permettersi di non costruirle. Se cioè l'essere ammessi tra gli stati più potenti del mondo non abbia dei costi che la gente comune debba sopportare comunque, mentre il grosso dei benefici va alle solite elites.
Ma prima di affrontare questi argomenti occorre fare una precisazione: il Giappone aveva già conosciuto in prima persona i problemi nucleari. Esattamente il 6 Agosto del 1945 conobbe Little Boy e tre giorni dopo Fat Man, portavoci della nuova frontiera energetica. Avevano quindi avuto modo di testare dettagliatamente il senso e la portata di questo tipo di problematiche.
Si dirà che non tutto il nucleare è uguale: l'uso civile di questa energia non può essere minimamente paragonato all'uso bellico. Potrei essere d'accordo, ma fino ad un certo punto. Gli effetti devastanti di una difficoltosa gestione del nucleare civile non sono meno imponenti di quelli bellici. Ricordiamoci Chenobyl, e l'immissione nella vita di noi europei di inquinanti che hanno fatto salire alle stelle le disfunzioni della tiroide, ad esempio.
"La contaminazione di Chernobyl corrisponde a circa 100 volte l'effetto contaminante combinato delle bombe di Hiroshima e Nagasaki."[1]
Davanti ad una frase del genere la distinzione tra nucleare civile e bellico diventa ridicola. Certo, le bombe furono sganciate apposta e le fughe radioattive invece no. E con questo?
Il Giappone importa la maggior parte delle risorse necessarie al proprio fabbisogno energetico. E' la terza potenza economica mondiale dopo USA e Cina ed il terzo maggiore consumatore di petrolio. Attualmente le centrali idroelettriche coprono l'11% del fabbisogno nazionale, mentre le centrali nucleari ne forniscono il 30%. E' chiaro che senza quel 30% di nucleare il deficit energetico sarebbe imponente per questo paese che ha pochissime risorse nel proprio territorio. La coesistenza con queste mine vaganti rappresenta quindi la strada maestra per restare nella competizione internazionale.
Non si tratta quindi di sapere solo quanto sia difficile da gestire una centrale nucleare, quanto sia pericolosa l'eventuale fuoriuscita di materiale radiattivo, ma anche di calcolare quanto in primo piano possa andare la produzione del terziario che garantisce al Giappone una discreta superiorità internazionale.
Nello scontro tra danni collaterali e calcoli di crescita vincono sempre questi ultimi, tanto in ambito industriale che finanziario. Questa è la cosa grave.
Questa è la cifra del Progresso, queste sono le regole del Mercato.La scelta di ridurre la produzione energetica per premunirsi contro quei disastri nucleari che si stanno manifestando in questi giorni, avrebbe comportato una minore penetrazione dei colossi nipponici dell'elettronica e della meccanica nei mercati internazionali. Il gioco (chiamiamolo così) non sta nella moderazione, ma nell'avanzamento di posizioni rispetto alle dinamiche economiche mondiali.
Certo, si sarebbe potuto giocare la pedina delle energie alternative. Ma l'apparato industriale (così come spiegato in un mio precedente articolo [2]) non cura questi interessi, e si muove su profili molto diversi. Il gioco consiste nel far funzionare al meglio le parti che sono messe a disposizione dei giocatori. Non è ammessa l'introduzione di pezzi che non siano adeguatamente sponsorizzati da lobbies.
E così, dopo avere toccato con mano il significato dell'inquinamento nucleare da una parte, e della crescita industriale dall'altra, i vertici della piramide sociale del Sol Levante decisero che sì, il gioco valeva la candela.
Da bravi ingranaggi che muovono ingranaggi ancora più grandi, anche loro diedero il loro apporto per la crescita mondiale.Hiroshima e Nagasaki erano ormai episodi lontani, ed il dramma nucleare in un paese costantemente flagellato da terremoti un'evenienza statisticamente irrilevante.
Ma prima di affrontare questi argomenti occorre fare una precisazione: il Giappone aveva già conosciuto in prima persona i problemi nucleari. Esattamente il 6 Agosto del 1945 conobbe Little Boy e tre giorni dopo Fat Man, portavoci della nuova frontiera energetica. Avevano quindi avuto modo di testare dettagliatamente il senso e la portata di questo tipo di problematiche.
Si dirà che non tutto il nucleare è uguale: l'uso civile di questa energia non può essere minimamente paragonato all'uso bellico. Potrei essere d'accordo, ma fino ad un certo punto. Gli effetti devastanti di una difficoltosa gestione del nucleare civile non sono meno imponenti di quelli bellici. Ricordiamoci Chenobyl, e l'immissione nella vita di noi europei di inquinanti che hanno fatto salire alle stelle le disfunzioni della tiroide, ad esempio.
"La contaminazione di Chernobyl corrisponde a circa 100 volte l'effetto contaminante combinato delle bombe di Hiroshima e Nagasaki."[1]
Davanti ad una frase del genere la distinzione tra nucleare civile e bellico diventa ridicola. Certo, le bombe furono sganciate apposta e le fughe radioattive invece no. E con questo?
Il Giappone importa la maggior parte delle risorse necessarie al proprio fabbisogno energetico. E' la terza potenza economica mondiale dopo USA e Cina ed il terzo maggiore consumatore di petrolio. Attualmente le centrali idroelettriche coprono l'11% del fabbisogno nazionale, mentre le centrali nucleari ne forniscono il 30%. E' chiaro che senza quel 30% di nucleare il deficit energetico sarebbe imponente per questo paese che ha pochissime risorse nel proprio territorio. La coesistenza con queste mine vaganti rappresenta quindi la strada maestra per restare nella competizione internazionale.
Non si tratta quindi di sapere solo quanto sia difficile da gestire una centrale nucleare, quanto sia pericolosa l'eventuale fuoriuscita di materiale radiattivo, ma anche di calcolare quanto in primo piano possa andare la produzione del terziario che garantisce al Giappone una discreta superiorità internazionale.
Nello scontro tra danni collaterali e calcoli di crescita vincono sempre questi ultimi, tanto in ambito industriale che finanziario. Questa è la cosa grave.
Questa è la cifra del Progresso, queste sono le regole del Mercato.La scelta di ridurre la produzione energetica per premunirsi contro quei disastri nucleari che si stanno manifestando in questi giorni, avrebbe comportato una minore penetrazione dei colossi nipponici dell'elettronica e della meccanica nei mercati internazionali. Il gioco (chiamiamolo così) non sta nella moderazione, ma nell'avanzamento di posizioni rispetto alle dinamiche economiche mondiali.
Certo, si sarebbe potuto giocare la pedina delle energie alternative. Ma l'apparato industriale (così come spiegato in un mio precedente articolo [2]) non cura questi interessi, e si muove su profili molto diversi. Il gioco consiste nel far funzionare al meglio le parti che sono messe a disposizione dei giocatori. Non è ammessa l'introduzione di pezzi che non siano adeguatamente sponsorizzati da lobbies.
E così, dopo avere toccato con mano il significato dell'inquinamento nucleare da una parte, e della crescita industriale dall'altra, i vertici della piramide sociale del Sol Levante decisero che sì, il gioco valeva la candela.
Da bravi ingranaggi che muovono ingranaggi ancora più grandi, anche loro diedero il loro apporto per la crescita mondiale.Hiroshima e Nagasaki erano ormai episodi lontani, ed il dramma nucleare in un paese costantemente flagellato da terremoti un'evenienza statisticamente irrilevante.
E comunque molto meno importante del PIL.
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